Inchiesta sulla ditta confiscata gestita dalla mafia barcellonese: Salvatore e Domenico Ofria restano in carcere
Regge pienamente al vaglio del giudici del Riesame il nucleo centrale per gli indagati più importanti dell’inchiesta della Procura di Messina diretta da Antonio D’Amato sulla “gestione mafiosa” di beni confiscati a Barcellona Pozzo di Gotto. Che in questo caso ha riguardato la storica azienda attiva nel settore dello smaltimento dei rifiuti urbani e speciali, e nella demolizione di veicoli, intestata fin dalla sua creazione, nel 1980, a Carmela Bellinvia, la madre dei fratelli Salvatore e Domenico Ofria. E che ha inguaiato anche il noto commercialista catanese, nonché presidente dell’Ordine etneo, Salvatore Virgillito, l’amministratore giudiziario dell’impresa confiscata. Proprio ieri i giudici del Riesame di Messina, il collegio era presieduto dal giudice Massimiliano Micali, hanno depositato una serie di provvedimenti, che confermano sostanzialmente il quadro tracciato durante le indagini della Squadra Mobile di Messina, del Servizio centrale operativo della Polizia e del Commissariato di Barcellona Pozzo di Gotto, che sono state coordinate dal procuratore aggiunto Vito Di Giorgio e condotte dai sostituti della Dda Fabrizio Monaco, Francesco Massara e Antonella Fradà. Il quadro delineato per gli inquirenti è chiaro. Secondo la Distrettuale antimafia gli Ofria erano riusciti con il beneplacito di Virgillito ad annullare le conseguenze pratiche di sequestri e confische decisi in vari step per la ditta, continuando di fatto ad occuparsi dell’impresa, gestendo i profitti e decidendo anche assunzioni e licenziamenti. I guadagni finivano in un “borsello nero” per poi essere gestiti liberamente. Le accuse contestate, a vario titolo, sono di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, estorsione, peculato, trasferimento fraudolento di valori, violazione della pubblica custodia di cose e sottrazione di cose sottoposte a sequestro, con l’aggravante del metodo e della finalità mafiosi. Per quanto riguarda il commercialista Virgillito, i giudici del Riesame hanno confermato l’ipotesi di concorso esterno all’associazione mafiosa ed hanno annullato l’ordinanza di custodia cautelare siglata il mese scorso dal gip Salvatore Pugliese limitatamente a due capi d’imputazione, il 4 e l’8: un caso di peculato per la concessione in uso di un’auto noleggiata, una Fiat 500, alla coindagata Luisella Alesci, la moglie di Salvatore Ofria, e un caso di intestazione fittizia di beni (l’annullamento del capo “8” ricorre un po’ in tutti i provvedimenti).