Spiragli di ottimismo e di fiducia. La città ha una miriade di problemi irrisolti, su molti fronti arranca, ha un tessuto socio-economico fragile, perde abitanti ogni giorno che passa, soffre di emergenze comuni a tante altre realtà urbane, presenta criticità specifiche legate a mancate scelte o a scelte totalmente sbagliate, compiute nel passato, più o meno recente. Ma ha anche enormi potenzialità e sembra aver riscoperto la voglia di tornare “al centro del mondo”, di contare finalmente, di non assistere da spettatrice al proprio definitivo declino. E questo 31 gennaio andato in archivio ci lascia un retrogusto più dolce che amaro. In una sola giornata c’è stata la firma (storica) che sancisce l’avvio del recupero di immense porzioni di territorio (ben 71mila metri quadrati complessivi), dove si possono progettare interventi di vera rigenerazione urbana. C’è stato il completamento del restauro di tre beni storico-monumentali della Zona falcata, altra area strategicamente decisiva per il futuro di Messina. E c’è stata la riapertura, finalmente, del Pronto soccorso del Policlinico, una struttura indispensabile per affrontare le emergenze sanitarie. Tre capitoli distinti e separati tra loro, ma uniti da un filo sottile, quello della speranza, che ci spinge a lottare contro l’atavica rassegnazione, a rimboccarci le maniche, a riprendere mano il destino che altri vorrebbero ormai segnato e ineluttabile. E invece no, Messina è al centro di possibili svolte epocali e deve essere consapevole di poter giocare un ruolo importante. Lo deve fare, per se stessa, per la sua Storia, per le generazioni che verranno.