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Inaugurazione anno accademico a Messina, la studentessa Chiara Furlan: "Dobbiamo fare la differenza nell'indifferenza"

A intervenire durante la cerimonia di inaugurazione dell'anno accademico alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella anche la rappresentate degli studenti Chiara Furlan che con con un intervento toccante ha parlato di quanto l'Università sia centrale per un giovane e per la realizzazione dei sogni che ha, ma anche delle grandi piaghe di questa società che coinvolgono soprattutto i ragazzi, come i suicidi o la violenza di genere. Poi il ricordo di Lorena Quaranta. E un appello: "Fare la differenza nell'indifferenza".

“Sogno. Pensiero. Libertà. Sono queste le tre parole che, in sintesi, si propongono di rappresentare la mia – seppur breve – storia di vita e rispecchiano il cuore pulsante del decidere di investire sull’istruzione, sulla formazione e, conseguentemente, su sé stessi. Nel mio iniziale e ideale progetto di percorso universitario, quest’ateneo e il contesto siciliano avrebbero dovuto costituire solo una fase di transizione, una breve parentesi per ritornare ben presto agli antipodi dell’Italia, da dove provengo. Tuttavia, le cose sono ben presto cambiate; è proprio qui che emerge il concetto di sogno, il sogno di una vita: quello di diventare medico; l’autonomia di pensiero: quella che mi ha spinto ad andare controcorrente rispetto allo stigma del binomio nord-sud; e infine la libertà: quella di volere restare.

Ampliando lo sguardo da una dimensione strettamente personale a una collettiva, di comunità, la possibilità di sognare, il pensare criticamente e autonomamente e la libertà di scegliere sono i valori che rappresentano le prime fondamenta dell’Università di Messina, capace di mettere al centro lo studente, i suoi bisogni e – soprattutto – le sue aspirazioni. Un’Università, inoltre, dove viene valorizzato il profilo dell’internazionalizzazione, ricordandoci quotidianamente che la diversità di etnia, provenienza e religione non può che essere un punto di forza, incarnando la dimostrazione che “il diverso da noi” non deve spaventare ma – al contrario – ha sempre qualcosa da insegnare. Dietro la differenza si cela ricchezza.
È proprio in questa direzione che, di fronte alla cruda realtà di eventi di politica internazionale, mi piace ricordare qui oggi il pensiero del Presidente della Repubblica Mattarella “pace (…) non significa sottomettersi alla prepotenza di chi aggredisce gli altri paesi con le armi, ma di chi ha rispetto dei diritti umani”.

In riferimento ai diritti umani, definiti prioritariamente “inalienabili” dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948, l’Università stessa deve essere in grado di insegnamento e tutela, diventando protagonista attiva anche nella loro promozione. Pensiamo a fenomeni strettamente attuali, quali lo spaventoso aumento del disagio psicologico e del numero dei suicidi soprattutto tra i giovani, la dilagante piaga della disinformazione e del body shaming amplificati dall’uso inappropriato dei social media e, non per l’ultimo, il fantasma della violenza. A questo proposito, non dobbiamo dimenticare infatti che dietro la forma più cruenta e visibile di violenza, quella fisica, si nascondono tante altre sfumature come quella della violenza psicologica, dell’emarginazione o ancora della discriminazione che, subdole, si incastrano tra le maglie del vissuto della persona e silenziosamente la privano della propria vitalità. La violenza verbale e, al contempo, psichica, individuale o collettiva e, non per ultima, quella di genere non fanno altro che annientare l’essenza dell’uomo. Per questo motivo – oggi più che mai – come comunità studentesca siamo obbligati a fermarci, a pensare e soprattutto a fare attenzione a quelle voci che non possono rimanere nell’ombra ma, al contrario, meritano di essere ascoltate. Una di queste voci è quella di Lorena, Lorena Quaranta, nostra collega e compagna di sogni, a cui purtroppo è stato negato di perseguire il suo.

“Non vogliamo più dover parlare delle donne come vittime, dobbiamo e vogliamo parlare della loro energia, del loro lavoro e del loro essere protagoniste” così ha affermato splendidamente pochi giorni fa proprio Lei, Signor Presidente.

In questa logica, il fine più alto, più nobile dell’insegnamento e dell’intraprendere un percorso universitario deve essere non solo quello di formare menti, professionisti esperti e qualificati di un domani, ma anche trasmettere valori da persona a persona, costruendo modelli di riferimento dal punto di vista professionale, etico e civile. Una comunità accademica è veramente tale se è capace di creare un simile contesto valoriale: la nostra – studenti, docenti e personale tecnico amministrativo – lo è.
Lasciamoci guidare con entusiasmo dalla massima kantiana “sapere aude”, perché ciascuno di noi possa realmente avere il coraggio di conoscere, di andare oltre quella “siepe”, così descritta da Leopardi nell’Infinito, di preconcetti, barriere culturali e retorica, perché ognuno possa incarnare tale imperativo morale decidendo di fare la differenza nell’indifferenza”.

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