Messina

Domenica 19 Gennaio 2025

Messina-Palermo, un'autostrada "vecchia" vent'anni: dal brindisi all'oblio IL COMMENTO

Vent’anni sono trascorsi da quel taglio del nastro atteso da due province, Messina e Palermo, unite da un’autostrada finalmente giunta al traguardo. È dicembre 2004 quando viene inaugurato il tratto di 41 km dell’A20 tra Castelbuono e lo svincolo provvisorio di Furiano, completo solo in direzione Messina. L’evento è di quelli “epocali” – opera inserita tra gli “obiettivi prioritari nazionali” –, in un’Isola in cui la normalità di una rete viaria efficiente e moderna ha il gusto della rarità. Sono presenti l’allora presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi e il governatore Totò Cuffaro. Ma bisogna pazientare fino a luglio 2005 per la riapertura totale al transito delle due carreggiate. Si compie così l’eterna incompiuta. Dopo ben 36 anni di gestazione – i primi appalti risalgono al 1969 – e vagonate di lire ed euro spesi. Ma oggi, cosa resta di questa fondamentale via di collegamento? Tanto e poco. Tanto, perché gli oltre 180 km che separano la città dello Stretto da Buonfornello rappresentano un importante asse viario della mobilità su gomma, anche se alcune tratte risultano molto trafficate – ad esempio tra Messina e Falcone –, altre quasi desolatamente prive di utenti – specialmente da Brolo a Tusa. Poco, in quanto la carenza di manutenzione, in alcune porzioni di autostrada, si nota, eccome: asfalto stracotto dal sole e divenuto quasi bianco, guardrail non a norma, segnaletica mancante, cantieri infiniti, restringimenti a ogni piè sospinto, viadotti sequestrati, giunti malconci. Criticità tali da non garantire standard di sicurezza non negoziabili e assolutamente imprescindibili. E non basta, certamente, mettere le mani avanti con un cartello affisso all’inizio del percorso a scorrimento veloce, poco oltre i caselli di Villafranca: “Stiamo riqualificando la rete autostradale. Guidare con prudenza, ci scusiamo per il disagio. Buon viaggio”. Una sorta di “educata” giustificazione dinanzi a ciò che automobilisti, centauri e conducenti di mezzi pesanti riscontreranno lungo il loro tragitto. Ma che non serve se causa e concausa di incidenti gravi o mortali possono coincidere con uno stato di salute deficitario delle infrastrutture nostrane. Ecco perché il Cas, ente gestore dell’A20, è chiamato a curare il sistema viario alla stregua di un figlio. In gioco c’è la pubblica incolumità di migliaia e migliaia di persone. Che prima di mettersi in viaggio, dopo aver letto a Villafranca quelle frasi della segnaletica verticale – in bella o cattiva mostra da anni ormai –, non possono e non devono farsi il segno della croce. O, nella peggiore delle ipotesi, ricevere fiori, preghiere e “amen” postumi.

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