Concluso in secondo grado, davanti alla sezione penale della corte d’appello presieduta dal giudice Carmelo Blatti, il nuovo processo per i riti ordinari per il gruppo mafioso di Giostra, nome in codice “Totem”, che tornava a Messina dopo un rinvio della Cassazione del giugno scorso.
Al centro del dibattimento comunque, visto che la responsabilità è ormai acclarata ed è diventata definitiva, c’era solo la rideterminazione della pena.
È l’inchiesta del 2016 sulla riorganizzazione del clan mafioso di Giostra sotto la “reggenza” di Luigi Tibia, che guardava non soltanto ai “settori” tradizionali come droga e estorsioni ma aveva allargato all’epoca gli affari con l’industria del divertimento, dei lidi balneari, e delle cosiddette “macchinette mangiasoldi (i “Totem”, appunto).
A giugno scorso era stata la VI sezione penale della Cassazione a decidere tutto. I giudici avevano annullato con rinvio la precedente sentenza d’appello per Vincenzo Misa, solo per il reato associativo, l’unico reato per cui era stato condannato alla pena di 12 anni di reclusione. Per Misa quindi si è dovuto rifare nel merito il processo.
Ed ancora avevano annullato con rinvio - ma limitatamente alla determinazione del trattamento sanzionatorio - per verificare se può applicarsi la cosiddetta modifica in peius per il reato associativo per tutti gli altri imputati, ovvero Luigi Tibia, Paolo Aloisio, Giuseppe Molonia, Calogero Smiraglia, Giuseppe Schepis, Paolo Mercirio, Massimo Bruno, Teorodo Lisitano, Luciano De Leo e Antonio Musolino, nei confronti dei quali era diventa irrevocabile l’accertamento di responsabilità per tutti i reati contestati.
Parte civile nel procedimento era il comitato Addiopizzo onlus di Messina.
Il 14 novembre scorso, presente per l’accusa il sostituto procuratore generale Giuseppe Costa, erano state formalizzate dai legali le proposte di pena concordata tra accusa e difesa, che erano sostanzialmente di 9 anni e 6 mesi per tutti gli imputati tranne che per Tibia (la sua era più alta, 14 anni e 5 mesi).
Ieri la conclusione del procedimento, con la discussione nel merito solo per la posizione di Misa, con l’intervento dei suoi difensori, gli avvocati Salvatore Silvestro e Pietro Luccisano. I giudici in sentenza, dopo aver ratificato tutti i patteggiamenti, ritenendoli quindi congrui, hanno poi assolto da tutte le accuse Misa con la formula “per non aver commesso il fatto”. A questo proposito i due legali, Luccisano e Silvestro, dichiarano: «L’assoluzione di Vincenzo Misa, dopo il rinvio dalla Cassazione e quasi sei anni di custodia cautelare in carcere, ha dimostrato, ancora una volta, che una posizione processuale deve essere valutata alla fine del processo e non durante le varie fasi che ben possono subire dei radicali cambiamenti, come in questo caso».
Parecchi sono i legali impegnati nella difesa in questa lunga vicenda processuale, gli avvocati Alessandro Billè, Salvatore Silvestro, Carlo Autru Ryolo, Ettore Schillaci, Antonello Scordo, Nico D’Ascola, Maurizio Scarpari, Giuseppe Donato, Giuseppe Serafino e Pietro Luccisano.
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