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Un luogo per non dimenticare la grande tragedia del terremoto di Messina: domani l'inaugurazione di “Largo 28 dicembre 1908”

Domani l’intitolazione ufficiale della piazzetta dietro il Campanile del Duomo

Messina - Palazzo Rosso distrutto dal terremoto del 1908

La grande ferita del 28 dicembre 1908 s’è rimarginata? Siamo guariti dal terrore di Lui dopo cent’anni? Possiamo finalmente archiviare e guardare avanti, per non sentirci più “i terremotati dell’anima”? Possiamo finalmente esercitare il “diritto all’oblìo”? Chissà.
Il terremoto che ha segnato la storia di Messina si scatenò alle 5 e 20 minuti e 38 secondi del mattino. Molta parte della popolazione dormiva. Durò 37 secondi di terrore infinito. Già nel 1783 un altro sisma aveva distrutto gran parte della città. L’evento tellurico raggiunse l’11° grado della scala Mercalli e fu accompagnato da un devastante maremoto. Morirono circa 80.000 abitanti, all’epoca erano in tutto circa 130.000. Crollò il 90 per cento degli edifici, la città fu rasa quasi completamente al suolo (nella foto in alto una veduta della città della collezione privata Giorgianni). Un totale di 293 scosse di assestamento si ebbero fino all’11 marzo 1909.
Si tratta della più grave catastrofe naturale in Europa per numero di vittime e del disastro naturale di maggiori dimensioni che abbia mai colpito il territorio italiano. Furono interrotte le linee di comunicazione stradali e ferroviarie, le linee telegrafiche e telefoniche. Anche l’illuminazione venne a mancare sulle strade e nelle case in una vasta area, compresa tra Messina, Reggio Calabria, Villa San Giovanni e Palmi.
Lo scenario che si presentò ai superstiti è inimmaginabile: sotto una grande cappa di polvere e fumo che avvolse l’intera città e sotto una pioggia torrenziale, seminudi e tremanti alcuni s’avviarono meccanicamente verso il mare, altri preferirono rimanere nei pressi delle case distrutte, cercando disperatamente di aiutare i parenti che erano rimasti schiacciati sotto le macerie. I roghi iniziarono a propagarsi tra le montagne di macerie e le spaventose voragini, bruciando ogni cosa. Ma la tragedia non finì. Dopo le devastanti scosse il mare si ritirò e dopo pochi minuti tre enormi ondate, alte 10/12 metri, s’abbatterono sulla città già devastata, infierendo con violenza sul litorale. Fu così che molti superstiti del sisma vennero risucchiati al largo e annegarono, oppure vennero travolti successivamente dalle onde. La forza del mare trascinò al largo ogni cosa, comprese molte barche che erano ormeggiate in porto, parecchie navi alla fonda subirono gravi danni, entrando in collisione.
In mattinata, alle 9,30 il prefetto Ferri di Catania aveva inviato il primo telegramma sul disastro al ministero dell’Interno. Ma erano poche righe molto generiche. Messina era sede all’epoca della 1° Squadriglia torpediniere della Regia Marina: quattro erano ancorate in porto insieme all’incrociatore “Piemonte”.

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