Messina

Mercoledì 18 Dicembre 2024

La prefetta di Messina Cosima Di Stani traccia un bilancio dopo quattro anni di permanenza: «Dobbiamo ascoltare i giovani»

Prefetta Cosima Di Stani, lei è da quasi quattro anni a Messina, quindi ha avuto modo di conoscere tutto il nostro territorio. Qual è l’impressione che si è fatta della città e dei messinesi? «Indubbiamente positiva, perché quando sono arrivata l’idea era quella di una provincia che rispetto a Palermo e a Catania potesse essere un po’ più indietro. Invece non è assolutamente così. Messina è una città veramente che ha una sua vitalità, che si manifesta in maniera evidente in ogni situazione, e quindi è una provincia che esprime positività, voglia di vivere, voglia di fare, quindi una provincia nella quale, a prescindere da quello che dicono alcune classifiche, c’è una bella qualità della vita». Lei presiede il Comitato per l’ordine e la sicurezza. Quali sono le problematiche più complesse? Sono tutte risolte? Quali questioni sono ancora sul tappeto? «Innanzitutto diciamo il tema più delicato sicuramente è quello del contrasto alla criminalità organizzata, che cerchiamo sempre, naturalmente, di tenere sotto grande attenzione. Questa provincia è vero che in passato veniva definita “babba”, ma non è assolutamente così. È una provincia nella quale c’è presenza di mafia, che magari non si manifesta in maniera così platealmente evidente come è accaduto negli anni ’80 e ’90, ma d’altra parte così è stato in tutte le province nelle quali il fenomeno della criminalità organizzata si era appalesato in maniera abbastanza impattante. Oggi noi registriamo comunque la stessa divisione territoriale tra l’area nebroidea, tortoriciana, barcellonese, messinese, e così via. Quindi diciamo che in questi contesti comunque la presenza delle mafie è persistente, ma non è più quella mafia degli omicidi eccellenti, oggi c’è una strategia completamente differente, una strategia che i tecnici definiscono di “inabissamento”, quindi l'attenzione è assolutamente altissima, soprattutto in questo periodo in cui grazie al Pnrr ci sono investimenti importantissimi, e quindi noi stiamo continuamente monitorando lo stato di attuazione degli interventi, ma anche il potenziale rischio infiltrativo nelle imprese coinvolte». E avete registrato delle ipotesi di infiltrazioni mafiose? «Al momento ci sono degli approfondimenti, anche perché in alcuni casi sono state scelte ditte che erano iscritte in “white list”, mentre per quanto concerne, diciamo, le gare, stiamo facendo approfondimenti. Però, al momento, nessuna impresa è ancora risultata infiltrata». In vista del Ponte, di questa grande opera, come vi state preparando? «Verrà stipulato un protocollo di legalità che ovviamente consentirà di tenere sotto controllo il tema degli appalti e particolarmente dei subappalti, quindi anche lì diciamo ovviamente non appena l’iter si perfezionerà poi sarà a nostra cura, con il ministero dell’Interno, arrivare alla sottoscrizione di questo protocollo di legalità». Un altro tema che lei ha affrontato più volte è quello del disagio giovanile e della “malamovida”... «Se prima ho detto che la parte di maggiore attenzione è riservata alla criminalità organizzata, anche su questo tema l’attenzione è costante. Perché dopo il Covid purtroppo abbiamo avuto modo di registrare anche qui a Messina che c’è una maggiore tendenza alla movida, come dire, aggressiva. Ci sono stati episodi di risse, addirittura in qualche caso spari, quindi è ovvio che questa cosa desta naturalmente allarme nei cittadini, e quindi noi teniamo un costante focus proprio su queste fenomenologie». Secondo lei questi sono dei fenomeni diciamo fisiologici o qui c’è un allarme più alto? «No, devo dire che rispetto per esempio a Palermo già noi registriamo un numero più decisamente contenuto di situazioni, però ovviamente il disagio comunque si manifesta, soprattutto attraverso violenza, e quindi naturalmente l’attenzione è altissima. Proprio qualche giorno fa ho fatto anche un punto di situazione con il procuratore della Repubblica per i minori e il presidente del Tribunale dei minori proprio per approfondire, per vedere anche sotto il profilo giudiziario se quella situazione avesse avuto delle evoluzioni e in effetti resta confermato come questo tema della violenza, questa rabbia che i ragazzi esprimono si traduce molto spesso in azioni violente. Quindi è mia intenzione riconvocare nei primi giorni di gennaio un tavolo, quello che si occupa proprio del disagio giovanile, per vedere di approfondire questi aspetti e trovare le strategie di prevenzione più adeguate. Ma è ovvio che non è che ci sono solo l’istituzione prefettizia o le forze di polizia, questo è un fenomeno che deve essere affrontato a 360 gradi attraverso tutte le agenzie e tutte le istituzioni coinvolte, quindi la famiglia, la scuola. I ragazzi devono essere soprattutto ascoltati. Che ci possa essere la rabbia io lo comprendo, ma perché questa rabbia si traduce a volte in violenza è questo, diciamo, il passaggio che deve essere assolutamente compreso». Secondo lei da dove deriva questa rabbia? «Molti affermano che dopo, non sono un tecnico della materia però mi limito a registrare quello che mi viene riferito, dicono che dopo la fase Covid hanno avuto modo di osservare una crescente rabbia nel mondo giovanile. Può essere anche che sia l’assenza diciamo di prospettive rosee, per esempio c’è un tema che si è affacciato negli ultimi due anni che è il tema della guerra. Non ci dimentichiamo che le nostre precedenti generazioni hanno avuto anni e anni di pace, mentre oggi invece i telegiornali parlano costantemente della guerra. C’è il tema dell’ambiente, anche questo naturalmente è fonte di preoccupazione per i ragazzi perché ovviamente comprendono i rischi connessi ai cambiamenti climatici. C’è un tema che è quello delle prospettive occupazionali, e anche questo naturalmente è un aspetto che non va assolutamente sottovalutato. E quindi tutto questo, ovviamente, determina un’insicurezza rispetto al proprio futuro, probabilmente queste potrebbero essere quelle dinamiche che fanno sì che naturalmente nei giovani ci sia un po’ di sfiducia, e conseguentemente tanta anche tanta rabbia. Poi ovviamente c’è anche un altro fenomeno che non va sottovalutato, la diffusione impressionante delle droghe, penso soprattutto al crack, che hanno degli impatti devastanti sulla salute dei nostri ragazzi. In più va anche detto che in molti ragazzi magari c’è disattenzione da parte delle famiglie, quindi è importante invece ascoltarli, parlare con loro. Questi ragazzi hanno voglia di esprimersi, hanno voglia di far vedere i loro talenti, però non sempre trovano interlocutori a livello personale o a livello istituzionale che siano all’altezza di ascoltarli». Non sarà che forse le agenzie educative da un po’ di tempo latitano? «Beh questo io non lo so, perché non ho che valutazioni di tipo personale. Posso soltanto dire che effettivamente in molti casi ascoltando dei ragazzi, mi sono accorta che molti di loro hanno delle situazioni familiari non tanto diciamo adeguate, e probabilmente questo naturalmente ha potuto contribuire alla condizione di disagio che esprimono. Il mondo della scuola sicuramente è anche importantissimo, però io ho trovato in questa provincia delle ottime scuole, professori molto preparati, l’ho potuto constatare in più di un’occasione, quindi oggettivamente il livello di formazione scolastica in questa provincia è qualitativamente positivo, assolutamente». Una battuta volevo farla sui beni confiscati. L’ultimo report di Libera ha relegato Messina un po’ all’ultimo posto in Sicilia per quanto riguarda l’attività dei comuni. In che fase siamo? «Questa provincia ha un elevato numero di beni confiscati. Devo dire che distinguerei la situazione del capoluogo da quella dei comuni della provincia, perché nel capoluogo oggettivamente i beni confiscati sono abbastanza valorizzati, un po’ più difficile è la situazione della gestione dei beni confiscati nei restanti comuni della provincia. Ma anche questo è un po’ legato al fatto che si tratta di “microcomuni”, e quindi non sempre c’è la possibilità di intercettare le risorse finanziarie disponibili». In questi quattro anni ha girato in lungo e in largo la provincia, che tipo di realtà ha trovato dal punto di vista della società civile? «Il tema del lavoro sicuramente è un tema che ha un grande impatto su questi territori, perché molto spesso io ho visitato piccoli comuni dove i ragazzi, ahimè, emigrano. Però a livello di qualità della vita io ho avuto modo di rendermi conto che comunque in quei piccoli borghi c’è aria salubre, c’è buon cibo. Ecco se devo dire qual è il grande limite, è quello dell’infrastrutturazione, perché molti di questi comuni si raggiungono in modo disagevole, molte volte io stessa ho paura a percorrere strade provinciali, o addirittura statali, in condizioni pessime. E questa è ovviamente una condizione che incide moltissimo sulla qualità della vita. Anche l’andamento climatico sta provocando riflessi negativi, si scatenano abbondanti piogge, provocano situazioni di frane e ovviamente vanno recuperate le risorse per poter sistemare queste strade. Non sempre è semplice o agevole, quindi sono temi che io mi trovo anche ad affrontare, ascoltando molto spesso il grido di disperazione dei sindaci». Quali sono le cose che ancora vuole realizzare prima di andare via? «Vorrei innanzitutto completare l’adozione di tutte le pianificazioni di emergenza che ho messo in campo. Sto per approvare il piani di emergenza esterna delle industrie a rischio rilevante, Eni, A2a, ho approvato qualche giorno fa la pianificazione di emergenza per i siti di stoccaggio dei rifiuti, i piani riguardanti le gallerie ferroviarie. Ci sono una serie di attività di pianificazione che ho messo in campo e che stanno completando l’iter, e quindi penso che queste siano delle cose importanti per il territorio messinese». In questi quattro anni c’è qualche rimpianto per qualcosa che non si è realizzato? «In questo momento non mi viene niente in mente, con franchezza e sincerità, anche perché devo dire che con tutto il mondo istituzionale il rapporto che si è messo in campo è un rapporto di ampia collaborazione, di ampia sinergia. Devo dire che qui ho trovato delle istituzioni veramente all’altezza, non ho avuto mai nessun tipo di difficoltà con nessuna istituzione, quindi posso testimoniare anzi che c’è massima apertura, massima collaborazione, massima disponibilità a lavorare in modo sinergico per la provincia, per fare in modo che questa provincia possa superare tutte le difficoltà che si possono manifestare. Ecco, io questo lo posso assolutamente sottoscrivere». Mi consenta una chiosa, un consiglio che lei darebbe ai messinesi? «Ai messinesi consiglierei di amare la propria città. È vero che molto spesso, diciamo, lo faccio anch’io, a volte sono un po’ critica nei confronti della mia città, ma bisogna volersi maggiormente bene ecco, perché questa città è all’altezza delle sfide che l’attendono. Io colgo anche l’occasione per fare a tutti i cittadini di Messina e della provincia i migliori auguri per le festività natalizie, soprattutto per un 2025 che mi rendo conto non sarà semplice, ma che auguro, veramente a tutti, sia comunque sereno».

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