Il gettito Imu per l’anno 2024 tocca quota 50 milioni di euro, dieci in più rispetto al 2017, quando gli accertamenti emessi dal Comune furono appena 312, contro gli oltre 12 mila di quest’anno. Sono solo alcuni dei dati utili a leggere in che misura, negli ultimi anni, a Palazzo Zanca si sia deciso di accelerare su un fronte, quello della riscossione, che da sempre rappresenta un tallone d’Achille per i comuni. E quello di Messina non faceva eccezione, non a caso è stato storicamente uno dei nodi principali sollevati, nel tempo, dalla Corte dei Conti e che ha portato il Comune sull’orlo del dissesto. «Dal 2018 questa Amministrazione è molto attenta sull’equità fiscale e tributaria», ha sottolineato l’assessore al ramo Roberto Cicala, l’altroieri, in consiglio comunale, quando c’erano da votare, appunto, le aliquote Imu per l’anno 2025. Parentesi: le aliquote rimangono quelle del 2024, e cioè 10,6 per mille, la soglia massima. La stessa applicata in 77 città capoluogo italiane, ma non la più alta: in 18 città, infatti, in cui è in vigore l’ex addizionale Tasi, l’aliquota èanche superiore, arrivando addirittura all’11,4 per mille. Tant’è che, alla fine della fiera, secondo i dati dell’Agenzia delle entrate rielaborati da uno studio nazionale del sindacato Uil, Messina è la seconda città meno cara d’Italia (dopo Catanzaro) per Imu su seconde case e abitazioni principali di lusso. Chiusa la parentesi (l’aliquota è stata approvata dal consiglio comunale), il punto chiave è «l’equità fiscale e tributaria» di cui ha parlato in aula Cicala e che è stato un mantra dell’amministrazione De Luca prima e di quella Basile poi: pagare tutti per pagare meno.