Può la riqualificazione del fronte a mare più bello del centro città arenarsi perché si fatica a trovare la soluzione del “come” irrigare il verde, le siepi e gli alberi progettati?
L’interrogativo circola e ristagna, tra i messinesi, ormai dall’estate scorsa. Da quando gli effetti del cambiamento climatico, in particolare il quasi azzeramento delle piogge primaverili ed estive, ha fatto sentire il suo peso dirompente sull’organizzazione della vita delle famiglie. La pesantezza di questi effetti, specie a carico delle fasce sociali più esposte e delle persone più fragili, che si ritrovavano all’improvviso senza il bene più prezioso, ha fatto quasi congelare la “questione Fiera”.
E con essa un bisogno certo meno drammatico della fornitura d’acqua ai cittadini, ma non per questo meno importante. in uella mancata riapertura della nuova cittadella fieristica, già parzialmente prevista ad agosto, sono entrati pericolosamente in discussione il rispetto e la fruizione di un luogo straordinariamente identitario della città. Nell’immediato della questione, anzitutto, gli interventi progettati ed appaltati dall’Autorità di Sistema portuale, iniziati nell’agosto del 2023, giunti quasi al 70 per cento delle opere previste, si sono arenati proprio sul più bello: in relazione al verde pubblico, che era ed è il fiore all’occhiello del progetto di un parco urbano sul waterfront.
Ma c’è qualcosa che fa ancora più male di questo rallentamento perdurante, e per la cui soluzione, in modo riservato, vanno avanti riunioni e confronti tra Authority e direzione lavori con la partecipazione di Comune ed Amam, viste le competenze condivise in materia di ricerca di nuove fonti per l’approvvigionamento idrico autonomo, dalla rete ordinaria, di cui la Fiera ha bisogno.
L’interrogativo più doloroso, per il cittadino messinese, rimane quello iniziale: possibile che solo a Messina, quanto meno in un luogo così straordinariamente identitario, non si riesca a trovare il modo di garantire l’irrigazione di un prato per quanto grande esso potrà essere (16.000 metri quadri) e di un certo numero di essenze per quanto numerose siano (7.500)? Si dovrà, per un semplice parco, alzare bandiera bianca di fronte al cambiamento climatico? Un certo ottimismo ci fa sperare che così non sarà, e si troveranno, su scala più ampia, le soluzioni, simili o diverse, rispetto a quelle già messe in atto per l’autosufficienza del parco Aldo Moro o della Villa Dante.
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