Il sistema delle frodi agricole all’Unione Europea sui Nebrodi lo datano addirittura sin dal 2005 un po’ in tutta la Sicilia. Ma non gli riconoscono una “regia mafiosa”, piuttosto lo definiscono come un sistema molto generalizzato e a “carattere regionale” di cui hanno approfittato, in parte, anche i gruppi mafiosi tortoriciani («... il quadro nazionale delle domande presentava annualmente numeri eccezionali (tra 500.000 e 700.000 domande, sembra che solo a Messina ne transitassero mediamente 10.000», e a Messina «... gestire in 40 giorni o 50 giorni sette, otto, diecimila domande era molto complicato»). In particolare il gruppo dei Batanesi («il processo dimostra il loro forte ridimensionamento»), mentre l’attività dell’associazione capeggiata da Salvatore Aurelio Faranda, che “lavorava” rispetto ai Batanesi in maniera molto più massiccia e organizzata, non era collegata al gruppo dei Bontempo Scavo e agiva sostanzialmente per proprio conto. E poi i giudici condividono «... i ripetuti e stringenti rilievi critici mossi dalle difese sulla non convincente sovrapposizione che è stata portata avanti, anche con l’appello del Pm, tra i contesti mafiosi nebroidei e il fenomeno delle truffe Agea», in particolare «... l’acuta espressione di uno dei difensori che, ripercorrendo le fasi di iscrizione della notizia di reato e la successiva fusione del procedimento sulla famiglia mafiosa dei batanesi con quello del sistema delle truffe (invece organizzate principalmente all’interno del gruppo Faranda), contestava all’ufficio di Procura di avere adottato la strategia di una aprioristica e forzata “vestizione mafiosa” di tutte le truffe scoperte nel corso delle indagini». È questa l’estrema sintesi delle maxi motivazioni della sentenza d’appello dell’operazione “Nebrodi” sulla cosiddetta mafia dei pascoli, che è stata depositata ieri. In ben 573 pagine, scritte dal presidente della corte d’appello Francesco Tripodi, vengono sviscerati tutti i temi-chiave del maxiprocesso tra il primo e il secondo grado, con un motivo conduttore che può essere probabilmente riassunto da questo passaggio: «... le frodi Agea non appaiono in realtà al centro di nessuna accurata pianificazione mafiosa», e «... le truffe ascrivibili ai capi batanesi (assai minori per numero e importi) appaiono frutto di iniziative per lo più a carattere familiare, con sistemi di gestione ancor meno accurati rispetto a quelli dei Faranda».