Messina

Mercoledì 05 Febbraio 2025

Ponte sullo Stretto, l’ampia relazione dei progettisti: sicurezza garantita contro terremoti e venti estremi

La Commissione Ue conferma: 24,7 milioni al Ponte sullo Stretto

Si parte dalle conclusioni: «Della eccezionalità del progetto la “Stretto di Messina” è ben consapevole e lo dimostra la cautela delle specifiche progettuali, la più volte citata estensione di prove ed analisi che vanno molto oltre quel che sia mai stato fatto per un ponte, le professionalità e le procedure di verifica messe in campo per gli studi di fattibilità, i progetti di massima e preliminare, il progetto definitivo e quelle analoghe che lo saranno per il prosieguo: è quindi del tutto inaccettabile l’espressione di “terreno inesplorato” utilizzata dagli estensori. Si tratta invece di un grande progresso su solide basi, che non può essere smentito da generiche espressioni di dubbiosità». A scriverlo sono i progettisti del Consorzio Eurolink, nelle loro considerazioni sul documento firmato dagli ingegneri De Miranda, Mazzolani e Rizzo, nel quale venivano evidenziate le criticità strutturali del progetto definitivo del Ponte, nell’ambito delle procedure di Valutazione d’impatto ambientale. “Eurolink”, dunque, passa in rassegna tutte le tematiche relative alla sicurezza della grande infrastruttura, nella nota che è firmata da Jamal Assad, vicepresidente “Bridges International” della società danese “Cowi” e dal prof. Fabio Brancaleoni, direttore tecnico di “Edin Ingegneria”. Le questioni sono complicate da sviscerare e ci si può orientare solo con precise competenze ingegneristiche. Alcuni punti, però, vengono messi in risalto. «La funzione dell’impalcato – evidenziano i progettisti – non è quella di fornire rigidezza globale ma, in estrema sintesi, di portare le azioni dirette da traffico e distribuirle localmente fra i pendini; contribuire alla separazione delle frequenze critiche associate all’instabilità, soprattutto in relazione alla sua rigidezza torsionale e non a quella flessionale. Si ricorda che la separazione di frequenze è comunque intrinseca a prescindere dal ruolo dell’impalcato, in quanto connessa alla diversa distribuzione inerziale delle masse dell’impalcato e dei cavi. Quanto sopra, mantenendo il più possibile ridotte le azioni del vento ed evitando geometrie che possano essere prone ai diversi possibili tipi di instabilità o vibrazioni associate alle azioni del vento stesse». Il rapporto luce/freccia del cavo principale, per il ponte di Messina, ha un parametro che vale circa 10.5: «Si tratta quindi di un cavo leggermente più “teso” di quelli classici, malgrado la grande luce. Un cavo più teso è anche più rigido, per maggiore rigidezza geometrica, a dimostrazione della attenzione posta a questo aspetto nel progetto. La successiva affermazione, generale quanto generica, secondo la quale “per i ponti stradali e ferroviari una elevata snellezza rende la struttura eccessivamente deformabile ed incompatibile con il percorso dei treni per gli spostamenti laterali che possono raggiungere varie decine di metri. Il che comporta inevitabilmente che il Ponte debba restare chiuso al traffico per lunghi periodi dell’anno”, è semplicemente e sorprendentemente falsa e dimostra ben modesta conoscenza dell’argomento e di quanto avviene nel mondo. I ponti sospesi ferroviari esistenti non hanno alcuna interruzione significativa di esercizio e quelle rarissime che avvengono sono eventualmente connesse alle condizioni meteorologiche in sé e non al comportamento dei ponti. Lo stesso mostrano gli studi e le simulazioni condotte in proposito per il Ponte sullo Stretto». Nelle osservazioni presentate alla Commissione Via-Vas si contestava la soluzione della campata unica. «Certo, se gli estensori del documento ritengono che non possano sussistere considerazioni tecniche tali da giustificare la fattibilità della soluzione a campata unica non saranno queste poche pagine a poter far loro mutare visione, come non lo saranno le decine di anni di studi, sperimentazioni ed analisi, il coinvolgimento dei migliori nomi della ingegneria mondiale e delle società di ingegneria e di costruzioni di maggiore esperienza al mondo che l’hanno convalidata ed apprezzata, né i numerosissimi test sperimentali, né le decine di migliaia di pagine e documenti del progetto definitivo pure redatto e verificato dalla più evoluta ingegneria internazionale. Il commento a questo tipo di approccio è che si tratta di un modo di pensare tanto qualitativo da divenire superficiale, non degno di un obbiettivo ambiente tecnico scientifico. Sarebbe fin troppo facile rispondere, allo stesso livello culturale, che quanto affermato è falso: incrementi molto rapidi di luci sono invece avvenuti nella storia dei ponti. L’incremento per il Ponte sullo Stretto sarebbe del 63% rispetto al “1915”, senza considerare che risulta attualmente in costruzione in Cina un ponte di luce 2300 m, lo Zhang-Jing-Gao, con completamento previsto nel 2028, rispetto al quale l’incremento di luce risulterebbe del 43%. Tali valori non sono certo diversi dal progresso avvenuto fra il 1929 e il 1931 con i ponti Ambassador e George Washington (incremento 89%) o fra il ponte sull’Humber e l’Akashi (41%) o, in un passato più lontano, fra il Menai e il ponte sulla Sarine (53%). Circostanze analoghe si riscontrano in altri ambiti dell’ingegneria civile: fra i più famosi l’incremento di altezza dei grattacieli, che in tempi relativamente recenti ha avuto andamento regolare, per poi vedere nel 2010 una impennata del 63% con la realizzazione del Burj Khalifa. Significa qualcosa tutto questo? Occorre rispondere con chiarezza di no, queste considerazioni esteriori sono fallaci sia in una direzione che nell’altra e dicono molto poco al tecnico attento. Che in passato ci siano stati rapidi incrementi di luci di ponti sospesi o di grattacieli non dimostra la fattibilità del Ponte a campata unica sullo Stretto, come il fatto che negli ultimi anni l’incremento è stato graduale non prova il contrario». I progettisti smentiscono che il Ponte a campata unica presenterebbe «una “molto elevata deformabilità” a causa della snellezza dell’impalcato: «Per la condizione di carico verticale lo spostamento massimo del ponte da 1120 m è di 3.2 m, mentre per il ponte sullo Stretto è di 3.1 m, quindi addirittura inferiore. Questo, si noti, malgrado la quantità complessiva di carico sia molto superiore, si tratta di circa 3000 t totali per il ponte più piccolo e di circa 9000 t totali per quello sullo Stretto. Se il confronto fosse stato a parità di carico applicato lo spostamento del ponte sullo Stretto sarebbe stato circa la metà di quello del ponte da 1120 m. Per la condizione di carico orizzontale lo spostamento massimo del ponte da 1120 m è di 2 m, mentre per il Ponte sullo Stretto è di 3.5m, quindi in questo caso maggiore ma ben lontano dal triplo che gli estensori si attenderebbero. Questo diverso rapporto per carichi orizzontali dipende in massima parte dall’effetto delle campate laterali, assenti per il Ponte sullo Stretto, poi da diversi coefficienti di drag dei due impalcati e in piccola parte dalla diversa lunghezza dei pendini. L’affermazione degli estensori è errata. La motivazione sta nel non aver tenuto conto che la rigidezza geometrica, a causa della crescita più che proporzionale dell’area dei cavi, cresce in modo più che proporzionale alla luce e compensa, del tutto o in larga parte a seconda delle condizioni, l’incremento dimensionale. Al contrario, il contributo della travata irrigidente, essendo legato al comportamento flessionale della stessa, decresce come noto proporzionalmente a potenze di ordine superiore della luce, tanto da diventare secondario già per luci nell’ordine dei 1000 m, specialmente per impalcati alari a lastra ortotropa». Per quanto riguarda gli effetti del vento, i progettisti scrivono: «È prevedibile che si debba adottare un provvedimento di rallentamento a 60 km/h circa una volta l’anno (ovvero al superamento della velocità media di 30 m/s), che si debba sospendere la percorrenza di treni particolarmente sensibili al vento (es. treni merci scarichi, etc.) mediamente una volta ogni 6 anni (al superamento della velocità media di 38 m/s) e, infine, chiudere completamente il Ponte all’esercizio ferroviario per tempi di ritorno nell’ordine dei duecento anni. Questo evidentemente smentisce in maniera completa l’affermazione riportate nella relazione che “il Ponte debba restare chiuso al traffico per lunghi periodi dell’anno”, affermazione evidentemente del tutto infondata». Sulla questione dei cavi, «si intende mantenere la soluzione con cavi accoppiati nel progetto esecutivo, anche se il progresso delle dimensioni dei cavi evidente nelle realizzazioni degli ultimi anni potrebbe suggerire la fattibilità di un cavo singolo che avrebbe però nel caso in esame dimensioni nell’ordine di 1.80 m. Tale scelta è chiaramente intesa proprio a limitare l’entità delle tensioni secondarie, le dimensioni delle fusioni per selle, collari e attrezzature per la compattazione dei cavi». E per quel che concerne le torri, «l’altezza di 399 m non è certo prototipale: le torri dell’Akashi sono alte 300 m, quelle del “1915” oltre 330 m e sono tutte realizzate con acciai in grande spessore, con metodologie e tecnologie del tutto analoghe a quelle che saranno necessarie per il Ponte sullo Stretto, in condizioni morfologiche e di ventosità non certo inferiori a quelle dello Stretto; non si comprende quindi per qual motivo gli estensori citino dei “forti venti” o delle “sensibili oscillazioni”. Basta considerare, ad esempio, che si sono realizzati ponti di grande luce in condizioni climatiche ben più severe, ad esempio in Norvegia l’Hålogaland Bridge, realizzato oltre il circolo polare artico. Che il programma delle operazioni di montaggio sarà sviluppato anche in funzione della ventosità è del tutto normale e non ci saranno le “sensibili oscillazioni” che, come pure è usuale per queste opere e si è già detto, saranno controllate con sistemi di smorzamento».

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