Salvatore Foti e Tindaro Pantè hanno una personalità delinquenziale, e sono portatori di uno stabile e risalente inserimento nell’associazione mafiosa barcellonese. È questa l’analisi che compie la gip Simona Finocchiaro per i due principali indagati dell’operazione antimafia su Cosa nostra barcellonese e le sue infiltrazioni nel sistema del Superbonus edilizio, con la complicità di alcuni imprenditori locali che adesso sono accusati di concorso esterno all’associazione mafiosa.
È una lettura ulteriore quella che ha compiuto la Procura diretta da Antonio D’Amato con i magistrati della Distrettuale antimafia e il lavoro investigativo dei carabinieri del Comando Provinciale. Che si innesta sulle evoluzioni compiute in questo ambito dal gruppo criminale tra il 2020 e il 2022, quindi in tempi molto recenti, con la mancanza oggettiva sul territorio del vecchio gruppo di capi storici, ormai tutti in regime di “41 bis”, e l’emergere per forza di cose di figure di medio livello che quando comandavano i vecchi boss non erano certo in prima fila. Ma l’organizzazione mafiosa, la storia lo insegna, sa creare anche dalle figure intermedie dei nuovi elementi di spicco che poi prendono possesso della “famiglia”.
Globalmente sono otto gli indagati dell’inchiesta. Si tratta di Mariano Calderone, di Milazzo; Salvatore Foti, di Milazzo, figlio di Mariano Foti; Fabio Gaipa, originario di Berna, in Svizzera, e residente a Furnari; Tindaro Mario Ilacqua, originario di S. Lucia del Mela; Giuseppe Impallomeni, di Milazzo e residente a Barcellona; Fortunato Micalizzi, originario di Messina e residente a Nizza; Tindaro Pantè e Giovanni Pantè, padre e figlio, di Barcellona.
Sono due le misure cautelari restrittive decise dalla gip Finocchiaro, con la detenzione in carcere per il 26enne Salvatore Foti e il 66enne Tindaro Pantè, mentre per tutti gli altri non è stato deciso alcun provvedimento restrittivo, e allo stato sono indagati nell’ambito dell’inchiesta. Per entrambi, Salvatore Foti e Tindaro Pantè, la gip Finocchiaro ha ritenuto sussistente l’accusa di associazione di tipo mafioso, e per il solo Pantè anche il «trasferimento fraudolento dei beni, aggravato dalle finalità mafiose». Per gli altri indagati, tra cui alcuni imprenditori edili, c’è l’ipotesi di reato di concorso esterno in associazione di tipo mafioso.
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