Ancora una volta riflettori accesi sui paradossi di una realtà urbana che, da un lato, va spopolandosi e, dall’altro, registra un incremento di casi di emergenze abitative. Ogni mese un segno meno nel numero dei residenti in città, sempre più alloggi vuoti, sfitti, non utilizzati (o sotto utilizzati), eppure si contano a migliaia le persone che non riescono ad avere una casa degna di tal nome. E non si parla solo di baraccopoli. Una situazione che è andata peggiorando anche a causa dell’ampliamento delle fasce di povertà, che comprendono pezzi di quella che un tempo veniva definita la piccola o media borghesia.
«Sono 167 i provvedimenti di sfratti emessi, in aumento rispetto al 2022 dell’11%, 239 richieste di esecuzione, 89 sfratti esecutivi con la forza pubblica»: questi i dati forniti ieri mattina, nel corso di una conferenza stampa, dal segretario del Sunia Messina, Claudio Vallone, il quale poi sottolinea come «a questi dati si aggiunge la mancanza di una politica abitativa strutturale, con le graduatorie di assegnazione di alloggi pubblici completamente ferme e non esiste nemmeno un censimento degli alloggi pubblici. È necessario e imprescindibile che per la spesa di fondi pubblici ci sia un confronto vero, per porre in essere politiche abitative armonizzate con il territorio. Chiediamo un Osservatorio permanente con il Comune, le parti sindacali, i rappresentanti della proprietà e dell’inquilinato, per veicolare le istanze del territorio e realizzare una soluzione d’insieme strategica».
Il dramma di Messina è comune a tante altre città, anche le più grandi d’Italia, dove le questioni abitative sono vere e proprie bombe sociali (da Torino a Verona, da Milano a Roma, da Napoli a Palermo). E per il Sindacato degli inquilini, anche «la politica nazionale incide negativamente, con l’abolizione del Fondo per il sostegno all’affitto per la morosità incolpevole». In riva allo Stretto si aggiunge la questione degli espropri legati al Ponte: «Ci si è preoccupati di quantificare l’indennizzo – afferma Vallone –, su cui comunque rimangono dei dubbi, ma nessuno si preoccupa di come le persone, circa 1000 sulla sponda siciliana e 500 nella sponda calabrese, dovranno reperire un alloggio, o se verranno addirittura costrette ad abbandonare la città».
Una conferenza stampa congiunta, quella di ieri, che ha visto presente anche il segretario generale della Cgil Pietro Patti: «Sulla questione del Risanamento e sulle politiche abitative in generale, quello che lamentiamo è che non ci sia stato un coinvolgimento attivo delle parti sociali, che sono portatori d’interesse, che pensiamo debbano essere coinvolti nei processi che interessano la collettività».
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