Si ritorna a parlare di Anna Santa Catanesi e Pina Azzena. La giudice monocratica del Tribunale di Barcellona, Noemi Genovese, al termine del processo di primo grado, ha condannato la prima, 80enne originaria di Barcellona, e l’inseparabile figlia di 59 anni, originaria di Milazzo, per l’ennesimo presunto raggiro nello stile delle truffe “romantiche” ai danni di un pensionato ottuagenario. Le due donne, che nel frattempo si sono trasferite ad Oliveri, sono state entrambe dichiarate colpevoli: la figlia Giuseppina Azzena a un anno e sei mesi di reclusione e al pagamento di una multa di 600 euro, oltre alle spese processuali; la madre Anna Santa Catanesi alla stessa pena, ma alla corresponsione di una multa di 800 euro, oltre al totale delle spese processuali e al risarcimento dei danni patiti dalla persona offesa, che nel processo si è costituita parte civile con il patrocinio dell’avv. Claudia D’Anna, del Foro di Barcellona. L’importo dei danni patiti dall’ottuagenario sarà definito in sede separata. Nel frattempo, il Tribunale ha disposto il rimborso delle spese legali, quantificate in 1.513 euro, oltre a eventuali spese accessorie. Il giudice ha ritenuto infatti entrambe le donne, madre e figlia, responsabili del reato loro ascritto in relazione ai fatti del 2020, con esclusione dell’aggravante dell’aver approfittato di circostanze di persona legate all’età. Dichiarato invece di non doversi procedere per le condotte ascritte alle due imputate sino al 13 luglio 2013, per intervenuta prescrizione. L’anziana donna, per la quale la Procura ha archiviato l’indagine sulla misteriosa scomparsa del suo ultimo marito, del quale non è stato ritrovato nemmeno il corpo, fin dagli anni 80 seduceva anziani: nell’ultimo caso ne avrebbe raggirato uno di San Filippo del Mela, dal quale, in più riprese e fino a settembre del 2020, madre e figlia si sarebbero fatte consegnare somme di denaro per complessivi 169.500 euro, pari – come stimato dalla Procura di Barcellona – a 189.298,23 euro, tenuto conto degli interessi maturati, oltre ad altro denaro contante che sarebbe stato preteso nel corso dell’anno 2020. Tutto ciò senza mai né restituire le somme «date in prestito» dalla persona raggirata «né fargli il regalo» che madre e figlia avevano «promesso» all’anziano. In definitiva – così come calcolato nel corso delle indagini avviate a seguito di denuncia dagli investigatori della Guardia di finanza di Milazzo e dai carabinieri della Compagnia di Barcellona –, si sarebbero procurate l’ingiusto profitto di almeno 169.500 euro a danno della persona raggirata, che per garantirsi i prestiti concessi alle due donne avrebbe ricevuto assegni a vuoto e altri assegni non accettati dalle banche perché «emessi senza autorizzazione, o altri ancora perché recanti l’importo contraffatto, o per firma non conforme a quella depositata».