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Messina, due sale operatorie sequestrate all’ospedale Papardo: ecco cosa dice la consulenza sui batteri

Il sequestro delle due sale operatorie della Cardiochirurgia dell’ospedale Papardo da parte della Procura rappresenta indubbiamente una ferita grave per Messina, anche alla luce del bacino d’utenza che servivano, tra Sicilia e Calabria, per i pazienti in condizioni critiche.
E se l’inchiesta sulle morti sospette per infezioni post operatorie che vede già sei indagati tra dirigenti sanitari e medici della struttura ospedaliera sta andando avanti, sono gli stessi magistrati a rendersi conto che al più presto, questo reparto d’eccellenza per le vite salvate in questi anni, deve essere riaperto nel più breve tempo possibile. È proprio in quest’ottica che è stato nominato un custode giudiziario delle strutture, che è la dirigente dell’Asp di Messina Maria Gabriella Caruso, responsabile del Servizio d’igiene e ambienti di vita. Ma fino a quando, al Papardo, e lo dicono in tanti tra gli addetti ai lavori, non si risolverà “l’invasione dei colombi”, con tutto quello che ne consegue, sarà difficile andare avanti. In atto, già nelle scorse 48 ore, tre pazienti che avrebbero dovuto essere operati d’urgenza per gravi patologie cardiache sono stati trasferiti in altre strutture, uno a Catania e due a Pedara.
Per quel che riguarda invece l’indagine che i carabinieri hanno aperto, coordinata dal procuratore aggiunto Vito Di Giorgio e seguita dalle pm Annamaria Arena e Alice Parialò, sono le risultanze della perizia sulla salubrità delle sale operatorie che parlano chiaro, effettuate dai carabinieri dei Nas e dalla ditta specializzata “Greengea” di Catania. E ci sono poi da attendere - gli accertamenti sono già iniziati la settimana scorsa -, gli altri esami fondamentali delegati dalla Procura, quelli ancora in corso sulle valvole cardiache impiantate sui pazienti poi deceduti.
Nella consulenza della “Greengea” di Catania c’è tutto nero su bianco. L’attenzione, dopo una lunga descrizione di quali siano in questo campo i parametri di riferimento e i valori guida da adottare, dettati anche dal recente Decreto legislativo n. 18 del febbraio 2023, è focalizzata su tre punti specifici per i campioni analizzati: le acque, le superfici e le mani.
Capitolo acque. I tecnici durante il sopralluogo hanno prelevato campioni in tre modi: acqua calda sala lavaggio pre-operatorio - rubinetto lavatoio presidi sanitari “Blocco operatorio”; acqua fredda sala lavaggio pre-operatorio - rubinetto lavatoio lavaggio presidi sanitari “Blocco operatorio”; acqua fredda - Sala medicheria - Reparto degenze Cardiochirurgia. Scrivono i tecnici su questo punto che «... nei tre campioni la conta dei microrganismi a 36 °C è risultata superiore al valore di 10 Ufc/mL definito come “livello obiettivo” delle linee guida francesi. Inoltre, sempre con riferimento a tali linee guida, per la conta dei microrganismi a 22 °C il secondo campione ha mostrato una conta maggiore rispetto al “livello obiettivo” di 100 Ufc/mL (235 Ufc/mL). Per lo stesso campione si è riscontrata la presenza anche di due batteri gram-negativi, Klebsiella spp. e Pseudomonas aeruginosa, che devono essere invece assenti nelle acque destinate al consumo umano e, in particolar modo, nelle acque di strutture sanitarie».
E ancora, su altri campioni d’acqua prelevati da quegli ambienti «... le conte di Legionella pneumophila riscontrate sono risultate pari a 500 Ufc/mL stimate nell’acqua calda (camp. n. 41117) e a 400 Ufc/mL stimate nell’acqua fredda (camp. n. 41118), conte queste che pur essendo inferiori al valore limite di 1000 Ufc/L per la Legionella spp sono pur sempre superiori ai 100 Ufc/L. Bisogna, infatti, tener presente che i pazienti profondamente immunocompromessi possono sviluppare legionellosi anche se esposti a cariche molto basse di Legionella».
Sempre in relazione ai campioni d’acqua prelevati i consulenti scrivono: «Particolare attenzione, infine, va posta anche ai valori di temperatura rilevati nei due campioni e confrontati con quelli indicati nei Rapporti ISTISAN 22/32, come valori di riferimento, al fine di prevenire il rischio microbiologico derivante dalla proliferazione di Legionella nell’acqua calda (definita come “acqua destinata al consumo umano sottoposta a riscaldamento prima della distribuzione all’interno di locali edifici pubblici e privati e navi”) e nell’acqua fredda (definita come “acqua destinata al consumo umano distribuita non riscaldata all’interno di locali edifici pubblici e privati e navi”). In particolare sui tre campioni: per l’acqua calda (campione n. 41117) si è rilevata una temperatura di 46,8 °C, inferiore ai 50 °C indicati quale valore limite al di sotto del quale è consigliato non scendere al fine di prevenire il rischio legionellosi; per l’acqua fredda (campione n. 41118) si è rilevata una temperatura di 24,7 °C, superiore ai 20 °C indicati quale valore limite da non superare qualora non siano implementate specifiche misure di controllo del rischio». Poi i consulenti concludono che «... data la presenza di microrganismi patogeni nei campioni identificati con un. 41117 e 41118, relativi all’acqua utilizzata per il lavaggio dei presidi sanitari, si suggerisce di verificare a campione le condizioni di sterilità di tali presidi».
Capitolo superfici e mani. Ecco i campioni: “Mani (palmi, dorsi e sotto le unghie) dopo sanificazione, infermiera sala Terapia Intensiva Post Operatoria”, nel quale è stata riscontrata una conta dei microrganismi a 30 °C pari a 260 UFC/mani; “Mani (palmi, dorsi e sotto le unghie) infermiere Reparto degenze Cardiochirurgia”, nel quale è stata riscontrata una conta dei microrganismi a 30 °C pari a 2,8 x 10 UFC/mani».
Il responso: «Tali conte risultano elevate rispetto a quelle riscontrate sulle mani degli altri due operatori. In particolar modo, va evidenziato che nel campione “Mani (palmi, dorsi e sotto le unghie) infermiere - Reparto degenze cardiochirurgia” si è rilevata, durante l’analisi mirata alla ricerca del parametro Staphylococcus aureus, la presenza di stafilococchi coagulasi negativi, indicativa di altre specie di stafilococchi diversi dallo S. aureus. Si fa notare comunque che l’operatore, prima che si effettuasse il prelievo, indossava correttamente i guanti e che il prelievo è stato effettuato dopo la rimozione dei guanti, senza che l’operatore si lavasse le mani. Si ritiene opportuno - si conclude nella consulenza -, approfondire l’indagine al fine di accertare, su un numero maggiore di operatori, le condizioni igieniche del personale e l’efficacia delle procedure di igienizzazione e sanificazione adottate».

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