Si chiude il cerchio dopo alcuni tentativi andati a vuoto nel troncone dei patteggiamenti, al processo nato dalla clamorosa nell’inchiesta della Procura di Messina diretta da Antonio D’Amato sui casi di corruzione elettorale legate ai lavori nel torrente Bisconte-Cataratti, che a metà marzo ha fatto finire nei guai l’ex capo dell’Ufficio regionale del dissesto idrogeologico Maurizio Croce e parecchi altri indagati.
Sono stati infatti ratificati ieri dalla prima sezione penale del tribunale presieduta dal giudice Domenico Armaleo i patteggiamenti che erano stati proposti da quattro imputati, Croce compreso, sin dall’udienza preliminare, e che avevano avuto il consenso dei sostituti procuratori Liliana Todaro e Marco Accolla, i magistrati che hanno coordinato l’indagine della Guardia di finanza.
E proprio per l’ex capo dell’Ufficio regionale del dissesto idrogeologico, la pena concordata ieri è stata leggermente elevata, passando da 3 anni e 6 mesi (quella proposta in prima battuta) a 3 anni, 7 mesi e 10 giorni, con l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Per Croce i giudici hanno anche accolto l’istanza di uno dei suoi legali, l’avvocato Bonni Candido, e lo hanno scarcerato definitivamente, revocando gli arresti domiciliari.
Le richieste di patteggiamento erano state anche proposte per l’imprenditore Giuseppe Capizzi, la “gola profonda” che ha poi raccontato tutto ai magistrati, per l’ex direttore generale dell’Arpa Sicilia Francesco Vazzana e per la geometra Rossella Venuti, in qualità di funzionario responsabile dell’Area tecnica I-Patto per il Sud nell’ambito dell’Ufficio per il dissesto idrogeologico.
I quattro sono stati assisti nel corso della vicenda dagli avvocati Bonni Candido, Fabrizio Biondo, Carmelo Peluso, Alberto Gullino, Nunzio e Franco Rosso e Giuseppe Piazza.
Anche per gli altri tre imputati il patteggiamento è stato accolto e ratificato ieri dai giudici della prima sezione penale: per Capizzi 2 anni, con il riconoscimento dell’attenuante per chi ha collaborato e il beneficio della sospensione condizionale: per Venuti a 2 anni, con il beneficio della sospensione condizionale; e infine per Vazzana a 3 anni, pena che è stata integralmente sostituita come aveva richiesto il suo legale, l’avvocato Nunzio Rosso, con la sanzione sostitutiva dei lavori di pubblica utilità, complessivamente per 1095 giorni di lavoro, che saranno definiti nei dettagli e seguiti dall’Uepe, l’Ufficio dell’esecuzione penale esterna.
Complessivamente sono in 14 gli imputati che a suo tempo comparvero davanti alla gup Finocchiaro in udienza preliminare, 13 persone fisiche e poi una ditta, la S.C.S. Costruzioni Edili srl di Maletto, della famiglia Capizzi. L’indagine, della Guardia di Finanza, si è basata sulle rivelazioni dell’imprenditore brontese ed ex sindaco di Maletto Giuseppe Capizzi, la cui ditta vinse l’appalto per mettere a posto le cose nel torrente Cataratti-Bisconte, ma che secondo l’accusa e le sue stesse dichiarazioni si prodigò per tutta una serie di “favori extra” richiesti proprio da Croce, anche durante la sua campagna elettorale a sindaco di Messina.
Una novità emerse quando venne chiusa l’inchiesta, perché ci fu un nuovo indagato rispetto al quadro iniziale, ovvero il 50enne agrigentino Giovanni “Enzo” Cucchiara, responsabile della sicurezza e factotum del Verdura Resort di Sciacca del Gruppo Forte. Il suo nome comparve nel primo capo d’imputazione con l’ipotesi di corruzione. Secondo quanto sostiene la Procura e ha dichiarato Capizzi, durante i lavori a Messina, Croce avrebbe chiesto all’imprenditore etneo di effettuare dei lavori di rifacimento di un tratto di muro crollato a causa delle mareggiate proprio al Verdura Resort di Sciacca, vista la sua amicizia con Cucchiara, per oltre 90mila euro, che vennero “scontati” dall’importo dell’appalto in corso a Messina. A questo proposito i giudici ieri hanno disposto «... la confisca del profitto del reato pari ad euro 93.165,44 nelal titolarità della SRFF Spa, gestrice del Verdura Resort».
Ci sono poi gli altri otto imputati che in sede d’udienza preliminare hanno scelto di proseguire con il rito ordinario, e per loro il processo continua. Si tratta di Rosario Arcovito, Antonino Cortese, Giovanni “Enzo” Cucchiara, Francesco Di Maio, Giuseppe Francesco Mazzeo, Giovanni Pino, Davide Tommaso Spitaleri e Giuseppe Vaccarino.
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