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Mettono in scena un tentato omicidio: rinviati a giudizio due "amanti diabolici" a Barcellona

Sono accusati in concorso di aver simulato un tentativo di omicidio per incolpare il marito di lei – solo di fatto separato dalla donna – e la sua nuova compagna

Il tribunale di Barcellona

Amanti diabolici, lei 45 anni, lui 44, accusati in concorso di aver simulato, in una casa isolata dell’area industriale di Pace del Mela, un tentativo di omicidio per incolpare il marito di lei – solo di fatto separato dalla donna – e la sua nuova compagna. Adesso che le indagini hanno appurato che sia l’uomo che la sua compagna, quello stesso giorno, non avevano commesso alcun reato, e una volta archiviata l’ipotesi del tentato uxoricidio, il Gup del Tribunale di Barcellona, su richiesta della pm Emanuela Scali, ha disposto il rinvio a giudizio per gli amanti diabolici, con udienza fissata al prossimo 19 dicembre. A difendere gli imputati gli avvocati Lucia Caccamo e Pinuccio Calabrò.
La donna ed il suo nuovo amante dovranno ora comparire dinanzi al giudice monocratico Anna Elisa Murabito per rispondere in concorso tra loro del reato di calunnia aggravata nei confronti dell’ex marito, separato di fatto dalla donna imputata, e della donna che lo stesso aveva iniziato a frequentare dopo che l’ex moglie aveva scelto di vivere con un altro uomo nella casa isolata di Pace del Mela. La stessa casa dove sarebbe stata poi rappresentata ai carabinieri la scena del presunto tentativo di omicidio, che secondo il racconto fatto ai carabinieri sarebbe avvenuto il 26 dicembre dello scorso anno. Ma quel giorno, in realtà, gli accusati di omicidio si trovavano in un paese alle falde dell’Etna, ospiti del sindaco del centro etneo per partecipare ad un concerto natalizio di zampognari, come testimoniano le foto che ritraggono l’uomo mentre viene pubblicamente ringraziato dallo stesso primo cittadino.
La donna adesso rinviata a giudizio, inconsapevole della gita fuori porta del suo ex, il giorno di Santo Stefano dello scorso anno ha chiamato un suo amico carabiniere, asserendo di essere stata legata, imbavagliata e col capo coperto da un sacchetto di plastica per non farla respirare. La presunta vittima ha presentato denuncia, raccontando tra l’altro di essere stata stordita con psicofarmaci, per poi essere legata. Il tutto è stato confermato dal nuovo compagno della donna, il quale ha sostenuto che per tutto il giorno l’aveva cercata invano telefonicamente. L’uomo si è presentato a casa della donna, confermando poi ai carabinieri di averla trovata in quelle condizioni. La stessa donna, soccorsa dall’amico carabiniere, si sarebbe poi rifiutata di fasi accompagnare in ospedale per essere visitata.

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