Quasi tre milioni di euro. Che l’ospedale Papardo dovrà pagare ai genitori, M.D. e L.V., di un bimbo, D., oggi dell’età di dieci anni (li compirà tra qualche giorno), che in seguito ad una serie di condotte colpose dei medici e dei sanitari che assistettero la madre durante la fase finale e travagliatissima della gestazione, nacque nel 2014 con una serie gravissima di malformazioni, che lo hanno portato ad avere una invalidità del 98%. È cieco e tetraplegico. Le sue lesioni cerebrali permanenti sono state causate dalla mancanza di ossigeno perché a otto settimane dal parto, una notte, in ospedale, la madre cadde in coma e non fu soccorsa.
È su questo caso c’è adesso la sentenza del giudice della seconda sezione civile del tribunale Paolo Petrolo, che ha condannato l’azienda ospedaliera ad un maxi risarcimento dei danni. Ed ha anche escluso dal risarcimento un medico che era stato chiamato in causa dall’azienda come responsabile (assunse - spiega il giudice in sentenza -, la direzione del reparto di Ostetricia e ginecologia come sostituto temporaneo solo per sei mesi).
Sono letteralmente drammatiche alcune della trenta pagine di sentenza che raccontano questa vicenda. In una il giudice racconta del ricovero della madre. E scrive per esempio che «... il 18 novembre, tra l’una e le tre del mattino, veniva colta da fortissimi dolori e faceva ripetutamente richiesta di assistenza, senza risposta da parte del personale infermieristico di turno»; oppure che «... al mattino, prima delle sei, veniva trovata giacente a terra in stato di incoscienza dal personale delle pulizie che allertava il reparto; la paziente veniva, pertanto assistita per gravissime crisi eclamptiche ed i medici decidevano di effettuare un taglio cesareo - ritenuto indifferibile stante lo stato di incoscienza della paziente - a seguito del quale la paziente veniva trasferita in rianimazione».
Da lì, dopo la nascita del piccolo D., è iniziato per i genitori e i loro parenti un calvario triste in parecchi ospedali italiani nel difficile tentativo di rendere migliori le sue drammatiche condizioni di vita.
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