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Messina, la droga, i tre gruppi e il ruolo di Elena Santovito: così Santa Lucia sopra Contesse era diventata la "centrale" della provincia

Le organizzazioni, secondo gli investigatori, erano collegate tra loro per rapporti familiari o di fornitura

Alle Case Arcobaleno di Santa Lucia sopra Contesse c’erano tre organizzazioni che, per gli investigatori, gestivano le piazze dello spaccio di droga. Tre gruppi diretti da persone diverse ma con contatti tra di loro. La prima organizzazione, che aveva base operativa nella “casetta”, sarebbe stata diretta da Vincenzo Lucchesi (fino a febbraio 2022) e da Michele Arena. Proprio su Lucchesi si erano concentrate inizialmente le indagini degli investigatori che erano venuti a sapere di un giro dello spaccio di droga a Santa Lucia sopra Contesse. Erano emersi anche i contatti con Michele Arena che ad un certo punto si erano guastati.

Gli investigatori avevano puntato l’attenzione sul piccolo edificio in muratura che sorge vicino alla sua abitazione e che sarebbe stato utilizzato come base operativa dello spaccio per il quale, come emerge dalle indagini e dalle conversazioni avrebbero dovuto versare una sorta di affitto “salato” alla sorella di Arena.
Le intercettazioni hanno permesso di risalire anche ad un altro gruppo che sarebbe stato capeggiato da Elena Santovito. Nell’attività sarebbe stato coinvolto anche il figlio Giuseppe Arena “Peppone”. Secondo gli investigatori la donna sarebbe stata molto attenta nelle conversazioni in casa evitando di nominare i fornitori o le persone che collaboravano nell’attività. Anche per la sua abitazione, come emerge dalle indagini, avrebbe utilizzato accorgimenti per evitare che dall’esterno si potesse vede qualcosa, inoltre la casa era sorvegliata da un sistema di telecamere che permetteva di controllare se arrivava qualcuno. Anche per la custodia della droga sarebbe stata particolarmente cauta affidando la sostanza stupefacente ad insospettabili per evitare controlli da parte delle forze dell’ordine.

Lo smercio al dettaglio sarebbe invece stato affidato a pusher, gli “operai” che venivano pagati per la loro attività. La terza organizzazione al centro delle indagini della Squadra mobile farebbe capo a Paolo Grasso ed era stata scoperta a seguito dei colloqui in carcere che l’uomo aveva avuto con i suoi familiari. Conversazioni che secondo gli investigatori avevamo come argomento l’andamento dell’attività di spaccio e la gestione dei proventi.
Un giro che la Squadra Mobile teneva sotto controllo da tempo e che, in tempi diversi, aveva già portato all’arresto in flagranza di otto persone ed al sequestro di droga e denaro.

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