Colpo di scena, o forse no. Quello che i sindacati di “opposizione”, in Atm, avevano definito un referendum blindato sul nuovo contratto integrativo, ha regalato un esito che, a questo punto, non potrà essere ignorato dai vertici aziendali: hanno prevalso i no, e anche in modo abbastanza netto. Un contratto integrativo che, va ricordato, era stato frutto di una trattativa condotta solo da tre sigle sindacali, Filt Cgil, Uil Trasporti e Ugl Trasporti. Contrarie e “fuori” dal tavolo Fit Cisl, Faisa Cisal e Orsa, che adesso incassano il favore della maggioranza dei lavoratori di Atm. «La base dei lavoratori – scrivono in una nota i rappresentanti dei sindacati “vincitori” – ha respinto democraticamente l’accordo integrativo di secondo livello che la dirigenza di Atm e il Consiglio di amministrazione dimissionario auspicavano fosse “gradito” ai dipendenti». Cisl, Cisal e Orsa precisano però «che non esiste nessuna contrapposizione con i sindacati che, per loro legittima convinzione, hanno sottoscritto l’accordo bocciato dal referendum. Pensarla in modo differente fa parte del gioco, l’importante è avere come principio prioritario, sempre e comunque, l’interesse dei lavoratori che si affidano al sindacato per la tutela dei loro diritti, delle tutele e della dignità. Di fronte alla volontà dei lavoratori, espressa con una schiacciante vittoria del no, il fronte sindacale ha il dovere di ricompattarsi per contrastare eventuali “ritorsioni” e ricadute sul salario dei lavoratori. La ventilata “promessa” aziendale di totale sospensione del premio in caso di bocciatura dell’accordo, è inaccettabile e deve essere il collante che unifica tutto il sindacato». Le tre sigle ricordano che «in ambito Autoferrotranvieri il cosiddetto “premio di produzione” non è un’elargizione generosa dell’azienda, come più volte ha strumentalmente tenuto a precisare l’ex presidente Campagna durante la trattativa, nel Contratto nazionale più povero dell’area trasporti il premio di produzione è un elemento retributivo essenziale che, per la specificità del settore, si demanda alla contrattazione territoriale. In Italia le aziende di Tpl senza premio di produzione si contano sulle dita di una mano e non permetteremo che l’azienda messinese sia catalogata fra queste. I lavoratori hanno fatto una scelta e le parti hanno il dovere di riaprire il tavolo delle trattative per sistemare l’accordo che non deve essere cestinato, ma ridiscusso soprattutto nella parte normativa». C’è già una controproposta che «di fatto ha trovato l’approvazione referendaria dei lavoratori» e nella quale «non sono presenti richieste di aumenti salariali o spese pazze che rischierebbero di compromettere il bilancio aziendale.