Ieri mattina una platea di studenti e studentesse delle quarte e quinte classi del liceo scientifico Galileo Galilei di Spadafora ha riempito il cinema Apollo di Messina unendosi simbolicamente agli oltre 60mila giovani di tutta Italia per l’anteprima nazionale del film “Il ragazzo dai pantaloni rosa”. Ispirato alla storia vera di Andrea Spezzacatena, un adolescente che nel 2012 si è tolto la vita dopo essere stato vittima di bullismo e cyberbullismo, il film è molto più di una semplice proiezione cinematografica: rappresenta un grido d’allarme, un appello alla consapevolezza e alla solidarietà per fermare il dolore silenzioso che troppi giovani vivono ogni giorno.
Andrea, un ragazzo come tanti, aveva solo quindici anni quando la sua vita è stata spezzata. Amava indossare pantaloni rosa, un simbolo di personalità e di voglia di esprimersi liberamente, ma che è diventato anche il motivo per cui alcuni compagni e compagne lo hanno preso di mira. Gli insulti, le umiliazioni e le derisioni non si sono fermati alla scuola: i social media hanno amplificato l’odio, portando Andrea a vivere in una prigione di solitudine e vergogna. Una sofferenza tanto intensa da spingerlo a compiere un gesto estremo, lasciando una famiglia distrutta e un vuoto che oggi, grazie al coraggio della madre Teresa Manes, è diventato una missione contro ogni forma di bullismo.
Durante il collegamento streaming, avvenuto dopo la proiezione nazionale del film, Teresa Manes ha ricordato quel giorno drammatico all’obitorio, quando davanti al coperchio della bara di Andrea si è fatta una promessa: non avrebbe permesso che il ricordo di suo figlio venisse dimenticato. «Le parole devono arrivare», ha detto con voce rotta dall’emozione, «mi hanno chiesto se volevo dargli l’ultimo saluto, ma ho deciso di non andare. Mi ero giurata che ad Andrea non lo avrei lasciato andare così facilmente. Per me il libro e il film non sono opere sulla morte ma un inno alla vita. La vita è bella e merita di essere vissuta meravigliosamente».
Le sue parole sono state un faro di speranza per tutti i giovani presenti. Teresa ha proseguito spiegando che per lei il libro e il film riportano Andrea tra i banchi di scuola, «dove doveva stare».
La madre di Andrea ha incoraggiato i ragazzi e le ragazze a non lasciare che il silenzio e la paura li schiaccino, ricordando loro quanto sia importante parlare e chiedere aiuto. «Questo film è per voi: un messaggio che spero vi dia forza e coraggio, perché ciascuno di voi vale». Accanto a lei, il cast del film, tra cui il giovane protagonista Samuele Carrino, la regista Margherita Ferri, la cantante Arisa e lo sceneggiatore Roberto Proia, ha condiviso con i ragazzi e le ragazze il senso profondo di questo progetto. Il film è infatti nato con l’obiettivo di sensibilizzare e di creare uno spazio di riflessione su quanto siano devastanti gli effetti del bullismo e su quanto sia fondamentale reagire anche con il supporto degli adulti.
L’evento, reso possibile grazie al sostegno del cinema Apollo, è stato fortemente voluto da Loredana Polizzi, la proprietaria, che per l’occasione ha aperto le porte agli studenti, alle studentesse e agli insegnanti, ribadendo l’importanza di una sensibilizzazione continua e profonda su queste tematiche. «Abbiamo aperto le nostre porte a studenti, studentesse e insegnanti perché crediamo fermamente che la sensibilizzazione su tematiche come il bullismo debba partire dagli adulti», ha dichiarato Polizzi. «Sono i professori, le professoresse e tutti noi a dover dare il buon esempio, a imparare come affrontare e comprendere la sensibilità di argomenti come questi».
In sala, i giovani del “Galileo Galilei” di Spadafora hanno seguito il film in un silenzio rispettoso e toccante, interrotto solo da sguardi commossi e riflessivi. Marco Pavone, uno degli studenti presenti, ha descritto l’esperienza come «profondamente toccante»: «Mi ha fatto pensare a quanto a volte non ci rendiamo conto dell’effetto che le nostre parole e azioni possono avere sugli altri. Non conoscevo la storia di Andrea, ma ora la sento vicina. Voglio che il suo sacrificio serva davvero a cambiare qualcosa».
Anche la preside Giovanna De Francesco, accompagnando i suoi studenti e studentesse, ha espresso la sua speranza che esperienze come questa possano aprire nuovi spazi di dialogo e confronto all’interno delle scuole: «Il nostro compito come educatori è di essere presenti e di ascoltare. La scuola non è solo un luogo di apprendimento, ma deve essere anche un rifugio, un posto sicuro dove nessuno deve sentirsi solo».
Il coinvolgimento emotivo è stato palpabile, e molti giovani hanno trovato conforto e ispirazione nelle parole di Teresa Manes, che ha trasformato un dolore incommensurabile in un potente messaggio di speranza. La storia di Andrea, immortalata ora nel film “Il ragazzo dai pantaloni rosa”, è diventato un inno alla vita, un invito a combattere il bullismo e a non ignorare mai i segnali di sofferenza di chi ci è vicino. Mentre i ragazzi e le ragazze lasciavano la sala, si potevano percepire sguardi più consapevoli e riflessivi, segnali di un cambiamento in atto. Ognuno di loro, forse, ha portato con sé un messaggio nuovo: l’importanza del rispetto e del sostegno reciproco, affinché storie come quella di Andrea non si ripetano mai più.
Scopri di più nell’edizione digitale
Per leggere tutto acquista il quotidiano o scarica la versione digitale.
Caricamento commenti
Commenta la notizia