Il giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Barcellona, Giuseppe Caristia, a seguito di istanza dei difensori avvocati Massimo Rizzo e Giuseppe Irrera, ha revocato la misura cautelare degli arresti domiciliari che era stata applicata alla dottoressa Antonella Campagna, 42 anni, messinese, medico dell’Asp in servizio al Dipartimento di Salute mentale e fino al marzo scorso medico di guardia della Casa circondariale di Barcellona, disponendone l’immediata liberazione.
Il giudice ha innanzitutto rilevato che la richiesta è volta a conseguire la revoca della misura cautelare degli domiciliari con il braccialetto elettronico, in subordine, la sostituzione con altra misura meno afflittiva. Esaminati gli atti, e visto il parere favorevole del pubblico ministero, il giudice ha ritenuto che «alla luce del tempo trascorso dal momento di applicazione della misura, dell’esperienza giudiziaria vissuta, con applicazione di cautela personale, nonché della risposta punitiva intervenuta, è certamente occorso un deterrente concreto alla possibilità di reiterazione di delitti della stessa specie, così da far emergere il venir meno delle esigenze cautelari che sono state revocate, tanto che per la dottoressa Campagna è stata disposta la liberazione.
Sempre ieri, per la stessa vicenda, a seguito del precedente pronunciamento della Corte di Cassazione, che aveva accolto il ricorso dei difensori, avvocati Pinuccio Calabrò e Giuseppe Ciminata, annullando con rinvio per una nuova valutazione alla Corte d'Appello, per ordine del Tribunale del riesame di Messina, l'infermiera Maria Rosa Genovese, 63 anni, barcellonese, ha potuto lasciare la Casa circondariale di Reggio Emilia, per tornare nella sua casa di Barcellona dove dovrà restare agli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico. Sia la dottoressa Campagna che l’infermiera Genovese, fino al marzo scorso, hanno prestato servizio all'interno della Casa circondariale di Barcellona.
Furono fermate e poi arrestate, entrambe, nella notte tra il 19 e il 20 marzo 2024, mentre tentavano di introdurre, attraverso la portineria del carcere, sostanza stupefacente che sarebbe stata destinata successivamente ai detenuti, e per questo sono state entrambe condannate con sentenza di primo grado a seguito di giudizio abbreviato.
l.o.
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