Essere 68esimi su 106 capoluoghi di provincia significa, utilizzando un paragone calcistico, continuare a stare nella parte destra del tabellone, quella meno gratificante. Ma le graduatorie non sono elementi statici, hanno un senso se valutate in modo dinamico e se si tiene conto di quale sia il percorso intrapreso. Se si considera, quindi, che un anno fa la stessa classifica – Ecosistema Urbano, realizzata da Legambiente in collaborazione con Ambiente Italia e Sole 24 Ore – vedeva Messina al 96esimo posto, le luci finiscono per prevalere, decisamente, sulle ombre. Che rimangono e vanno tenute in debito conto. L’indagine, che si concentra sui capoluoghi italiani, si basa su 20 indicatori distribuiti in 6 aree tematiche (aria, acque, rifiuti, mobilità, ambiente urbano, energia) e, spiega Legambiente, «scatta una fotografia delle città in cambiamento, tra tante difficoltà e pochi miglioramenti». La fotografia è, ancora una volta, quella di un Paese a due velocità: «In fondo alla classifica generale – si legge nel rapporto – di questa trentunesima edizione troviamo due città calabresi (Crotone e Reggio Calabria) e una siciliana (Catania), ma delle ultime dieci solo due non appartengono al meridione del Paese. Segnale questo che sottolinea, come già raccontato nelle precedenti edizioni del nostro report, le evidenti difficoltà delle città del sud a rispondere in maniera adeguata ed efficace alle criticità urbane». Sul podio, invece, ci sono Reggio Emilia, Trento e Parma, la prima città del Sud è Cosenza (tredicesima), Messina è sesto tra i capoluoghi del Meridione (meglio, oltre Cosenza, solo Enna, Lecce, Avellino e Benevento). Nell'analisi generale Messina viene inclusa tra le città più in ritardo sui fronti del traffico (con Catania, Roma e Torino), della dispersione di acqua potabile (ancora con Catania, Bari, Firenze e Palermo), del suolo consumato (con Venezia e sempre Catania), ma anche della «ancora insufficiente diffusione e utilizzo di infrastrutture dedicate alla ciclabilità».