Messina

Lunedì 14 Ottobre 2024

«Il Ponte sullo Stretto di Messina occasione irripetibile per Messina»

Lo ha scritto sull’ultimo numero del Giornale nazionale dell’Architettura, paragonando il dibattito attuale sul Ponte a quello che si sviluppò, con toni anche veementi, a Parigi. E lo ribadisce anche alla “Gazzetta”. «Molti tecnici sostengono che la torre è destinata a crollare. I proprietari dei fabbricati vicini hanno intentato persino un processo chiedendo i danni. Noi scrittori, pittori, scultori, architetti, appassionati amatori della bellezza finora intatta, protestiamo con tutte le nostre forze contro l’erezione dell’inutile e mostruosa torre vertiginosa e ridicola, tutti i nostri monumenti umiliati, tutte le nostre architetture rese piccole. E per venti anni vedremo allungarsi l’ombra odiosa dell’odiosa colonna di ferro imbullonata». La vicepresidente dell’Ordine degli architetti di Messina, Clarastella Vicari Aversa, ricercatrice in Progettazione architettonica e urbana all'Università di Reggio Calabria e con un dottorato di ricerca europeo alla “Esquela Tecnica Superior de Arquitectura” di San Sebastian, in Spagna, parte da questa considerazione: «La storia si ripete. Sembrano parole di oggi contro il Ponte sullo Stretto, ma è la descrizione della “accoglienza” inizialmente riservata alla Tour Eiffel di Parigi, riportata da Leonardo Benevolo nella “Storia dell’Architettura moderna”. Tra gli oppositori anche Maupassant e Zola. Salvo poi, come riferisce lo stesso Benevolo, cambiare idea: “Davanti al fatto – e che fatto! – compiuto bisogna inchinarsi”. Le opposizioni al Ponte sembrano quelle alla Tour Eiffel...». «Il no ideologico» Vicari Aversa cita «quanto espresso nei giorni scorsi durante la II Biennale dello Stretto dall’antropologo e docente universitario Mauro Francesco Minervino, e sembra tutto un déjà vu: “La grande opera faraonica, acciaio e cemento in dimensioni mostruose serve ad alimentare il folle e puerile senso di onnipotenza delle classi dirigenti attualmente alla guida del Paese. Personaggi che uno psichiatra definirebbe soggetti affetti da delirio psicotico e sindrome magico-infantile”. Un intervento, quasi un anatema, che invita a rispondere con i dati, viste le ulteriori osservazioni sui “Rischi del fragilissimo contesto geologico dell’area dello Stretto, i venti, la sismicità, il fatto che il Ponte, data l’altezza dell’impalcato prevista dal progetto, non consentirebbe il passaggio alle meganavi di più recente costruzione, che superano i 70 metri di altezza, poi l’insostenibilità economica del rapporto costi-benefici; l’assenza di qualsiasi seria valutazione d’impatto ambientale e conseguenze sociali”. Viviamo un’epoca di polarizzazione e qui, plasticamente, si ripropone una divisione più ideologica che di merito. Di quest’ultimo è il caso di scrivere, partendo da una constatazione: il territorio interessato è stato stuprato senza rispetto per la sua storia, e forse ora si ha l’occasione di un suo riscatto. Si tratta di salvaguardare i luoghi, migliorandoli insieme con il Ponte. Sono forse deturpati o non altrettanto densi di storia il Bosforo, tra due continenti non meno evocativi di Scilla e Cariddi? O Suez, unione e distacco tra Africa e Asia? Nessuno metterebbe in dubbio che siano crocevia del mondo, mitologici, dal fascino attuale».

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