È stato un virus a determinare la moria delle cernie nelle acque dell’Area marina protetta di Milazzo, al largo di Acqualadrone a Messina e nel Siracusano. Un fenomeno che aveva creato (e stava creando) apprensione e che per queste ragioni è stato tenuto sotto il massimo riserbo anche per evitare allarmismi tra i consumatori visto che si tratta di una specie ittica molto richiesta soprattutto nei ristoranti. Fondamentale la sinergia tra l’Area marina e l’Università di Messina che tra l’altro è ente socio del Consorzio Amp. I pesci recuperati sono stati trasportati a Messina presso l’Institute “Slavko Bambir” del Dipartimento Chibiofaram dell’Università di Messina e immediatamente esaminati e processati per le indagini necroscopiche, istopatologiche, molecolari e tossicologiche. La positività al VERv (Viral Encephalitits Retinitis virus), è scaturita dagli esami molecolari effettuati dalla dott.ssa Rosa Maria Pennisi del laboratorio di virologia diretto dalla prof. Maria Teresa Sciortino. È stato spiegato che la patologia, nota col nome di VER o VNN (Viral Nervous Necrosis), agisce sul sistema nervoso centrale e della retina, con conseguente sintomatologia nervosa, e provoca il nuoto scoordinato, cecità, incapacità di mantenere l’assetto e ipereccitabilità alternata a torpore. Le principali specie ittiche suscettibili sono la spigola, l’orata (generalmente allevate) e appunto la cernia, tra le specie selvatiche. Chiarimento importante: “non sono rischi diretti per l’uomo – si legge nella nota diffusa ieri dall’Area marina protetta – ma considerato l’andamento cronico della malattia che gradualmente porta l’animale a non alimentarsi e, spesso, a causa del nuoto non coordinato, a sbattere e ferirsi su scogli o sul fondale contraendo infezioni gli esemplari rinvenuti moribondi vanno considerati non salubri, e ne va evitato il consumo”.