La linea comunicativa scelta per motivare le dimissioni in blocco dei vertici di Amam rimane sempre la stessa: troppe strumentalizzazioni politiche, era necessario voltare pagina per «evitare ulteriori stillicidi», rifacendosi alle parole utilizzate dal sindaco Federico Basile, ieri mattina, in commissione consiliare. Ma che ci sia solo questo, dietro l’addio di chi, fino a una decina di giorni fa, sosteneva che le dimissioni non fossero una soluzione ai problemi, è poco credibile per chiunque. Lo è ancor meno se si ribadisce, come è stato fatto anche ieri dal sindaco, che la presidente Loredana Bonasera e l’intero consiglio d’amministrazione di Amam hanno gestito come meglio non avrebbero potuto la crisi idrica di quest’estate. Così poco credibile, questa exit strategy, da innescare l’effetto contrario a quello cercato dallo stesso Basile nell’accettare le dimissioni: quel «clima di sospetto e inquisizione» dal quale si voleva rifuggire, in realtà è stato alimentato, quasi esasperato. Voci, teorie, sussurri non si contano, dentro e fuori il palazzo. Ma di fondo c’è una verità, ovviamente non ammessa ufficialmente, che però è assai più credibile, oltre che logica: l’azzeramento dei vertici di Amam è stato voluto da Cateno De Luca. Del resto, anche se non ci fossero delle fonti a confermarlo (e ci sono), sarebbe sufficiente lavorare di deduzione: in Sud chiama Nord in generale e al Comune di Messina in particolare non si muove foglia, soprattutto quando i temi superano un certo livello di guardia, che Cateno non voglia. È impensabile che una mossa come quella del Cda di Amam prima e del sindaco poi sia stata decisa senza che, alla base, ci fosse la volontà di De Luca. E questa volontà pare proprio che ci fosse da tempo e che sia stata ribadita con decisione lo scorso fine settimana, dopo le dimissioni del direttore generale di Amam, Pierfrancesco Donato (quelle definite dallo stesso Cda «improvvise e improvvisate»). A quel punto non c’erano più margini di manovra, rispetto ad un’insoddisfazione dell’ex sindaco e leader politico di questa Amministrazione che era già stata palesata nei mesi scorsi. Anzi, non ci sarebbe solo la gestione di Amam nel mirino di De Luca, tant’è che non sarebbe sorprendente – se non subito, nei prossimi mesi – assistere ad altri colpi di scena, che potrebbero riguardare anche altri ambiti della macchina politico-amministrativa di Palazzo Zanca. Quando ieri mattina a Basile, che si è soffermato coi giornalisti prima di parlare in aula consiliare, viene chiesto se ci saranno altri stravolgimenti, la risposta non è secca: «Facciamo un passo alla volta, assorbiamo questo e poi andiamo avanti rispetto all’interesse primario dei cittadini». E sul tema di dimissioni “indotte” o meno e il ruolo di De Luca, il sindaco risponde così: «Non si chiedono le dimissioni, semmai si mandano via le persone. Cateno De Luca? È un leader nazionale di un partito, come tutti i leader si ascolta, si sente, ma il sindaco sono io, anche se spesso qualcuno se lo dimentica. Se ho sentito De Luca prima di decidere se accettare o meno le dimissioni? Chi non si confronta con i propri leader politica? Solo chi non svolge un’attività democratica, come quella che invece stiamo cercando di fare». Per Basile si è trattato di un modo per «tutelare il lavoro svolto, dicendo basta agli attacchi politici e mediatici. Nessuno è attaccato alla poltrona». Una frase, questa, che rimanda alla memoria uno sfogo social proprio di De Luca sul concetto di attaccamento alla poltrona e su «quanti effetti collaterali causa una poltrona». Concetto ripetuto più volte, dall’ex sindaco, negli ultimi mesi. Durante la commissione consiliare presieduta dalla forzista (ed ex deluchiana) Rosaria Di Ciuccio, poi, il sindaco ribadisce i pensieri espressi, annunciando di aver già pubblicato l’avviso per individuare il nuovo consiglio d’amministrazione (tempi rapidissimi, le domande potranno essere presentate entro il 15 ottobre) e che a breve sarà emanato anche quello per il direttore generale. «Quelle fatte dai vertici dell’Amam sono state scelte consapevoli, volontarie, e l’azienda da domani ripartirà con lo stesso vigore – dice il sindaco –. È un momento particolare, mi rendo conto che i famosi fulmini a ciel sereno fanno venire in mente ragionamenti di diversa natura. Ma evitiamo stillicidi che non servono a nessuno». Poco convinti i consiglieri dell’opposizione. «Non accettiamo sentir parlare di strumentalizzazioni politiche – replica Libero Gioveni (FdI) –, il problema c’è ed è rilevante. Ma siamo disposti a mettere una pietra tombale». Ancor meno convinto Alessandro Russo (Pd): «Se prima il direttore generale e poi il Cda lasciano, evidentemente le cose non andavano così bene. E se si pensa il lavoro svolto sia buono, lo si difende, non si accettano le dimissioni». Lo stesso Pippo Trischitta, nella maggioranza, sottolinea: «Le dimissioni non le avrei accettate, perché se c’è qualcuno che deve dimettersi, a causa della crisi idrica, è il presidente della Regione Schifani». Subito dopo, il caos, con Di Ciuccio accusata di parzialità, i consiglieri deluchiani che abbandonano l’aula in protesta, un tentativo di riportare il dibattito su un piano moderato del democristiano Giovanbattista Caruso («il vero problema è che l’amministrazione sta vivendo il momento più difficile dal 2018») e una risposta, seppur parecchio vaga, data dall’assessore Francesco Caminiti: «Il direttore generale si è dimesso per motivi personali, per il resto arriveranno ai consiglieri che li hanno chiesti i documenti sulle contestazioni mosse dal Cda». Quindi, quasi salvifico, un flebile suono di sirena: è l’esercitazione di protezione civile, tutti fuori. Del resto un terremoto c’è stato davvero. E l’epicentro si chiama Amam.