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Messina, fiumi di cocaina e marijuana in città: in diciotto finiscono sotto inchiesta

I “profumi” da 120 ml e da 100 ml arrivavano dalla Calabria e da Catania. Inondavano le piazze di spaccio messinese, ma nei fatti si trattava di droga, per lo più cocaina e marijuana. Un appartamento di Ritiro era la base operativa dell’organizzazione scoperta dai carabinieri della Compagnia Messina Centro, nell’ambito dell’operazione “Penelope” che ha sgominato una rete dedita al narcotraffico i cui componenti nei dialoghi utilizzavano un linguaggio criptico. L’obiettivo era quello di non destare i sospetti, ma questa e altre accortezze non gli hanno evitato i riflettori della Procura e l’atto finale: l’ordinanza di custodia cautelare firmata dalla gip Arianna Raffa che ha spedito in galera quattro persone e disposto i domiciliari per altre cinque. Contestati, a vario titolo, i reati di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e detenzione e spaccio di droga.
Gli indagati inizialmente erano ventidue, adesso si sono “ridotti” a diciotto. È quanto emerge dall’avviso di conclusione delle indagini preliminari firmato dalle sostitute procuratrici Antonella Fradà e Francesca Bonanzinga. Sotto inchiesta Luca Davide Papa, 42 anni, originario di Napoli; Sabrina Sciuto, messinese di 42 anni; Fabio Fobert, messinese di 41 anni; Antonina “Antonella” De Marco, messinese di 36 anni; Arjan “Kol” Arapi, albanese di 37 anni; Lavinia Domenica Cananzi, 42 anni, di Messina; Domenico “Nico” Arigò, 55 anni, di Messina; Maria Militello, 49 anni, di Messina; Michele Saja, 35 anni, di Messina; Benedetto Mesiti, messinese di 46 anni; Francesca Arena, messinese di 33 anni; Giuseppe Rizzuto, 59 anni, di Catania; Giuseppe “Topolino” Nicolosi; 52 anni, di Messina; Jonathan Sergi, detto “Il catanese”, nato proprio nella città etnea 40 anni fa; Filippo Bonanno, 43 anni, di Messina; Marco Amante, 30 anni, di Messina; Simone De Cola, 38 anni, di Messina; Lorenzo Micalizzi, detto “U francisi”, 72enne originario di Houvlè, in Belgio. Sono difesi dagli avvocati Giuseppe Irrera, Salvatore Silvestro, Maria Grazie Bertilone, Giuseppe Donato, Alessandro Trovato e Gian Marco Gulizia.
Il reato associativo è addebitato a Domenico Arigò, Luca Davide Papa, Sabrina Sciuto, Fabio Fobert, Antonella De Marco, Benedetto Mesiti, Michele Saja e Maria Militello. A capo del sodalizio è ritenuto Arigò, con compiti direttivi e di organizzazione, di reperire la “roba” e curarne l’acquisto, il pagamento e il successivo smercio. Ma si faceva carico anche dei problemi economici del gruppo. Secondo l’accusa, Fobert indossava l’abito di organizzatore, in quanto attivo nel reperimento degli stupefacenti, della distribuzione a terzi, delle spese legali e di mantenimento dei sodali arrestati e dei loro familiari, oltre che della riscossione dei proventi dell’attività di cessione. Dal canto suo, Militello, moglie di Arigò, partecipava alla custodia e all’occultamento della droga, nonché alla sua cessione e riscossione del denaro derivante dalla vendita.

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