Messina

Martedì 01 Ottobre 2024

1 ottobre 2009-1 ottobre 2024. Giampilieri e Scaletta ricordano le 37 vittime della tragica alluvione

Trecento millimetri di pioggia in tre ore, concentrati su un’area di 50 chilometri quadrati. In gran parte della città, il cielo era azzurro, quel pomeriggio dell’1 ottobre 2009. Ma sopra la vallata di Giampilieri le nubi, che poi si scoprì provenienti nientemeno che dalle Isole Baleari, erano di un nero mai visto, fu l’anticipo di quella notte da tregenda. E da tragedia. Sono trascorsi 15 anni, oggi Giampilieri Superiore e Scaletta Zanclea, i due centri più colpiti dal nubifragio assassino, ricorderanno l’evento che ha segnato la storia dell’intera città. Si assoceranno, nella preghiera, le comunità di Molino, Altolia, Briga, Pezzolo, Santa Margherita, Santo Stefano e Itala. Verranno scanditi i nomi delle 37 vittime e si continuerà a guardare avanti, come è stato fatto in questi anni, a disegnare un futuro possibile, di rilancio e di sviluppo di questi borghi, inseriti in un contesto paesaggistico tra i più suggestivi del territorio metropolitano. «Qui sta venendo giù tutto, aiutateci...», mette i brividi il ricordo di quelle telefonate, ai centralini dei Vigili del fuoco, della Prefettura, della redazione della Gazzetta del Sud. Voci disperate, urla incomprensibili. Le colate di fango stavano portando via tutto, persone, case, animali, giù, a valle, fino al torrente, e ancora più giù, fino alle località rivierasche, fino al mare che, per diversi giorni avrebbe avuto, poi, un tetro color marrone. Quando si attivò l'Unità di crisi a Palazzo del Governo, le notizie erano ancora frammentarie e forse non si era capita la portata reale del disastro. Scattarono le prime operazioni di soccorso. Il Dipartimento della Protezione civile inviò sul posto una “task force” composta da due team di esperti, in Prefettura venne istituito il Ccs-Centro di coordinamento soccorsi, a Palazzo Zanca fu attivato il Coc-Centro operativo comunale. Quando la macchina dei soccorsi riuscì ad arrivare a Giampilieri, venne organizzato subito il Coa-Centro operativo avanzato, coordinato dalla Protezione civile della Regione siciliana. A Briga Marina e a Santa Margherita vennero allestiste aree per gli elicotteri impegnati nella ricognizione e nel monitoraggio del territorio, oltre che nelle attività di ricerca, soccorso e trasporto di derrate alimentari. Ma per lunghe ore, in quei villaggi, è come se il mondo esterno fosse scomparso. Solo il nero delle nubi, e il marrone del fango, solo i colori e gli odori della morte, in quelle vie cancellate, tra quei muri crollati, nelle case sventrate. Come si può mai dimenticare quello che accadde 15 anni fa? Il 2 ottobre venne dichiarato lo stato di emergenza (che venne prorogato, poi, fino al 31 ottobre del 2012), poi seguirono tre ordinanze per i primi interventi urgenti. Soltanto il 10 ottobre, però, fu nominato il commissario per l’emergenza, nella persona dell’allora presidente della Regione siciliana Raffaele Lombardo. Interrompere l’isolamento dei borghi fu il primo intervento concreto. I villaggi e le frazioni erano rimaste completamente scollegati dal resto del territorio urbano, a causa dei detriti finiti sull’autostrada, sulla Statale e sui binari ferroviari. Altolia rimase “fuori dal mondo” fino al 3 ottobre, quando finalmente gli uomini della Protezione civile e i Vigili del fuoco raggiunsero l’ultimo dei casali della vallata di Giampilieri. La conta dei morti fu uno degli aspetti più sinistri: prima 15, poi 23, si parlava di 50 dispersi, 29 i feriti ricoverati, 2mila sfollati (ridottisi poi a 564), poi di nuovo 25 morti, quindi 31 e 35, per arrivare alla fine alla cifra esatta: 37. Il numero della tragedia. Una tragedia che fu anche una commedia degli equivoci e delle più odiose strumentalizzazioni, quelle che rimbalzarono nella grancassa mediatica nazionale. Il capo della Protezione civile, era Guido Bertolaso, mentre ancora si scavava in cerca dei tanti rimasti sotto il fango, parlò senza mezzi termini di «un disastro provocato dall’abusivismo edilizio». Fu smentito dai dati e dai fatti, ma si sa, quando si propaga una “fake news”, è quasi impossibile smontarla. Per tutti, in Italia, Giampilieri-Scaletta fu sinonimo di “se la sono voluta loro...”. Non ci fu solidarietà nazionale, se non per gli appelli e raccolte fondi che videro protagonisti artisti siciliani e messinesi come Rosario Fiorello, Nino Frassica e Maria Grazia Cucinotta. Perfino la Lega Calcio riuscì a scrivere una delle pagine più nere, stabilendo che il minuto di raccoglimento sui campi di delle serie A, B e C fosse tenuto solo in Sicilia, come se 37 morti fossero un “caso regionale”. Vergognosi commenti di editorialisti, vergognosi servizi di inviati speciali Rai e Mediaset. Anche questo non è mai stato dimenticato. E ai funerali di Stato, celebrati il 10 ottobre 2009 in Cattedrale, alla presenza dell’allora premier Silvio Berlusconi (non venne neppure il capo dello Stato, Napolitano, che si limitò a un burocratico messaggio di solidarietà alla popolazione siciliana), non poteva non esplodere la rabbia della gente. E chi lo ha scordato? Poi, sono passati gli anni, sono state portate a compimento le opere di messa in sicurezza, i villaggi sono tornati a vivere, Giampilieri è stato indicato come modello di ricostruzione, le nuove generazioni hanno cercato, e stanno cercando, di rivitalizzare il tessuto socio-economico di borghi che, come tanti altri, sono soggetti ai fenomeni di spopolamento. E il resto è cronaca. Ma la Storia è ancora lì, riporta le lancette indietro, a quel primo ottobre di 15 anni fa. E oggi si ricordano di nuovo i nomi e i volti delle 37 vittime innocenti. Non sono mai stati, non saranno mai, dimenticati.

Commemorazioni a Scaletta

di Gianni Chirieleison Anche quest’anno nel centro ionico la ricorrenza sarà ricordata con delle iniziative promosse dalla locale parrocchia, guidata dal rev. Gianfranco Pistorino, e dall’amministrazione comunale di Scaletta Zanclea. Alle 18,30 nella chiesa Madonna del Carmelo di Scaletta Marina sarà celebrata una messa in suffragio di quanti hanno perduto la vita, alla quale parteciperanno i familiari delle vittime, autorità e numerose persone che, per l’occasione, saranno presenti alla cerimonia in segno di solidarietà. Al termine un corteo preceduto dal gonfalone del Comune di Scaletta Zanclea e con in testa le autorità cittadine, raggiungerà la piazza realizzata sulla superficie dove prima dell’alluvione sorgevano le abitazioni dei coniugi Laganà e di Melina Cacciola spazzate via dalla furia delle acque esondate dal Racinazzi ed ai piedi della stele marmorea recante i nomi dei Caduti, saranno deposte delle corone di alloro. Subito dopo il sindaco di Scaletta Zanclea, Gianfranco Moschella, si soffermerà sul tragico evento che ha sconvolto la vita degli abitanti della zona. Nel corso della giornata sono previsti anche momenti di preghiera per ricordare quanti hanno perso la vita nella sciagura ed in particolare Santino Bellomo, Carmelina Cacciola, Carmelo Ricciardello, Ketty De Francesco ed Alessandro Sturiale.

La Cisl: "Tragedia ancora viva, necessario contrastare dissesto in tutta la Sicilia"

«L’alluvione che quindici anni fa ha colpito i villaggi della zona sud di Messina è ancora una ferita aperta. Per la città, ma anche per la Sicilia. Perché è stata proprio in quella, prima, occasione che si è toccato con mano la fragilità del territorio». A dirlo, nel giorno del quindicesimo anniversario dell’alluvione che ha colpito Giampilieri, Scaletta, Altolia e Molino, sono il segretario generale della Cisl Sicilia, Leonardo La Piana, e il segretario generale della Cisl Messina, Antonino Alibrandi. «Oggi quella tragedia, che è costata la vita a 37 persone, è diventata il simbolo della necessità di tenere alta l’attenzione per contrastare il rischio idrogeologico, alla necessità di uno sviluppo controllato e sostenibile», continuano La Piana e Alibrandi che ricordano come «la Cisl abbia sempre tenuto alta l’attenzione sulla necessità di politiche per prevenire il dissesto idrogeologico, fondamentali per mitigare i rischi legati agli eventi naturali e garantire la sicurezza delle persone e delle infrastrutture». «È necessaria – aggiungono - una costante ricognizione e messa in sicurezza del territorio. Quando si parla di sostenibilità e sviluppo sostenibile lo si deve fare a partire dalla tutela dell’ambiente. Non si possono più utilizzare i finanziamenti europei o nazionali solo a valle delle dichiarazioni di stato di emergenza dopo che avvengono i disastri. Perché, benché le cause siano giustamente riconducibili alla morfologia del territorio, ai cambiamenti climatici e al consumo di suolo, c’è un aspetto altrettanto rilevante da considerare: la mancanza di prevenzione. È su quella che dobbiamo lavorare, tutti, ciascuno secondo le proprie responsabilità e competenze», concludono La Piana e Alibrandi.

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