Passeggiare da quelle parti è un po’ come farlo in una città appena bombardata. Restano solo gli scheletri delle baracche di via Catanoso. Non ci sono più infissi e porte. Anche gli interni sono stati resi inutilizzabili per evitare che venissero nuovamente occupate, quelle case che sono lì dagli anni ’70. Qualcuna è letteralmente invasa dall’acqua e la vegetazione l’ha trasformata in una sorta di laguna.
E ieri è cominciata la demolizione delle 24 abitazioni i cui occupanti (erano 73, di cui 17 minori) hanno avuto la loro prima vera casa, gli ultimo, un anno fa. Via Catanoso confina con l’ala nord del Policlinico. Ma è attraversata anche con un torrente che, visto d’estate sembra solo un canale stracolmo all’inverosimile di vegetazione, ma quando piove può diventare una vera trappola. Lo sanno bene soprattutto coloro che vivevano nelle baracche più vicine al muro di cinta dell’ospedale. Ogni temporale era un vero e proprio incubo e quando l’acqua sbatteva proprio contro quel muro divisorio, invece di finire nello strettissimo varco sotterraneo che porta al vicino Gazzi, tornava indietro e risaliva verso le case. Tutte quelle che si affacciano sul torrente portano i segni dell’umidità che arriva ad almeno un metro e mezzo d’altezza. I muri delle abitazioni erano diventati l’argine del corso d’acqua. Luoghi insalubri, dove c’erano nuclei anche con 4 figli. Ma il pericolo non arrivava solo dal torrente. Tutti i tetti di quelle abitazioni sono stati costruiti utilizzando fibra di amianto. Tutti tranne uno quello che copre la baracca che è stata simbolicamente demolita ieri mattina. Servirà un’opera importante di bonifica di tutta la zona sia per quanto riguarda la fibra killer sia per quanto riguarda il sottosuolo dove le indagini (sarà scavato il terreno per 50 cm) dovranno dire che cosa si cela e se ci sono altri veleni da eliminare. Ieri al primo colpo di ruspa erano presenti il sub commissario straordinario per l’emergenza baracche, regista del Risanamento cittadino, Marcello Scurria, il sindaco Basile, il vice Mondello, il presidente dell’Arisme La Cava con la consigliera Martello e ovviamente i rappresentanti dell’azienda Cericola, guidati dal geometra Picci, che si occuperà nei prossimi cinque mesi della demolizione. Il soggetto attuatore è il Genio civile che ha seguito tecnicamente tutte le operazioni.
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