Settembre di addii a Milazzo: finite le ferie, il ritorno altrove... E il Nord diventa una casa forzata
«Ci vediamo a Natale». «Mi raccomando, fatti sentire». «Cercheremo con tuo padre di venire presto a trovarti». Sono tante le frasi che domenica mattina risuonavano oltre il finestrino del bus di Giunta dove avevano preso posto tanti ragazzi milazzesi e del comprensorio pronti a raggiungere l’aeroporto di Catania per far rientro nelle loro abitazioni. Non di Milazzo o della valle del Mela, ma di Milano, Barcelona, Amsterdam e soprattutto Londra. La prima settimana di settembre è la giornata dei saluti. Delle ripartenze per tanti giovani che, preparata la valigia, ritornano nel Nord Italia o all'estero. Ragazzi che hanno coraggio, quello che forse è mancato ai loro genitori, alcuni dei quali hanno deciso alla fine che era meglio la sopravvivenza in questa porzione di territorio che il salto nel buio fuori Sicilia o addirittura fuori Italia. Dove magari si riesce a guadagnare ma i sacrifici sono tanti. E, si badi bene, a spostarsi non sono solo i giovani ma anche lavoratori di una certa età che lasciano anche le famiglie. Un esempio per tutti gli operai della Duferdofin di Giammoro, costretti a trasferirsi a Brescia per mantenere il posto di lavoro. E in questi giorni si sono registrate delle partenze per lo stabilimento di Pallanzeno. Ma c’è anche chi, perso il posto di “cameriere precario”, perché la stagione è finita, ha salutato moglie e figli per trovare una occupazione in Germania e garantirsi un minimo di reddito per sé e per la famiglia. E, dunque, le scene che si vedono dopo le ferie estive (ma sarà così anche a Natale e a Pasqua) alla stazione o alla fermata dei bus sono di quelle che ti “toccano” il cuore. E che dovrebbero “toccare” chi ambisce a fare politica ma poi, nella sostanza, non nelle promesse, si badi bene, alla fine, non riesce a cacciare il ragno dal buco. Ecco perché “Cu nesci arrinesci”: l'antico proverbio siciliano, chi esce riesce, sintetizza davvero due intere filosofie di vita. Secondo la prima, chi esce dall'Isola si afferma nel lavoro, come persona e cittadino, sia che emigri verso il Nord Italia o all'estero, un tempo nelle Americhe, oggi in Europa. La seconda, più malinconica, conclude invece che chi “non esce, non riesce”, chi resta a vivere in Sicilia si condanna all'isolamento, senza opportunità di crescere. E a dirlo sono anche le statistiche. Bisognerebbe leggerle con attenzione.