Da un lato, il sindaco che continua a ribadire, e lo scrive nella Relazione del suo secondo anno di mandato, che, al momento, «le scelte strategiche del Ponte sullo Stretto non vedono un coinvolgimento della città di Messina. E tutto questo è inaccettabile. Io ho il dovere istituzionale – insiste Federico Basile – di alzare la voce dei messinesi che non possono essere lasciati soli». Dall’altro lato, c’è la “Stretto di Messina”, la società amministrata da Pietro Ciucci, che sta lavorando, notte e giorno, per arrivare a dare entro la prima metà di settembre le risposte alle 239 richieste di integrazione sollevate dalla Commissione Via-Vas del ministero dell’Ambiente. E che assicura il «pieno coinvolgimento» dei sindaci e delle amministrazioni locali in tutte le tappe che scandiranno il percorso della progettazione esecutiva e della realizzazione del collegamento stabile e delle opere connesse. Come abbiamo già scritto nei giorni scorsi, Basile, nella sua Relazione, che in questi giorni è in discussione in Consiglio comunale, ha rilanciato i dubbi che aveva già espresso nei mesi precedenti, dopo la “svolta” dettata dal leader di Sud chiama Nord, Cateno De Luca, passato tra gli oppositori di quello che definisce «il Ponte di Salvini». Basile non ne ha fatto una questione politica, anche se poi inevitabilmente lo è, ma soprattutto di rapporto tra il Centro e le periferie, tra il Governo e i territori interessati dalla prospettiva di un decennio di tanti e grandi cantieri aperti. Il sindaco sa benissimo che il Ponte è un’opera sovracomunale, assolutamente fuori scala, che non può passare sopra le teste dei cittadini ma che segue percorsi normativi che sono frutto di leggi approvate dal Parlamento italiano e di decisioni della Commissione europea, come l’inserimento dell’opera tra le infrastrutture strategiche dei Corridoi transcontinentali. «Se il Ponte sia fattibile o meno lo decideranno i tecnici che lo progetteranno e che esamineranno gli aspetti sismici e tecnici in generale – scrive il sindaco –. Invece, i temi sui quali è necessario coinvolgere il Comune di Messina, e la sua comunità, sono i seguenti». E inizia l’elenco, che va dai «tempi di progettazione e realizzazione», sui quali, secondo Basile, non c’è ancora alcuna certezza («Attendere che il Ponte si realizzi, nella indeterminatezza della reale pianificazione di contorno, non può bloccare Messina per altri 20 anni») alle procedure espropriative. «Già con la legge di bilancio – insiste il primo cittadino – si sono riapposti i vincoli preordinati agli espropri, ma senza specificare su quale progetto e su quali aree. Quindi il Comune di Messina ha dovuto, da una parte, riapporre dei vincoli sulle vecchie aree di progetto e, dall’altra, non poteva non autorizzare opere su aree che, alla data odierna e senza un nuovo progetto, non possono essere vincolate. Non è da escludere che si siano, nel frattempo, autorizzate opere e manufatti su aree che, tra qualche anno saranno espropriate dal nuovo progetto del Ponte. I tempi degli espropri non risultano essere certi né a conoscenza delle persone che dovranno trovare altre abitazioni. E che, ad oggi, non dispongono di risorse per l’acquisto (ci sarà una corsa alla casa), avendo in molti casi un mutuo da pagare. Chi verrà espropriato per primo, chi dopo e quando?». Messina, nella visione di Basile, non può assistere a una pianificazione delle opere a terra “calata dall’alto”.