Florovivaismo, le piante di Terme Vigliatore esportate in Olanda, Francia, Germania e Belgio. Un traino all’economia
Il progressivo incremento del numero delle aziende a carattere agricolo e florovivaistico ha proiettato ulteriormente il territorio all’interno di una dimensione economica globale che, nella fattispecie, è senza precedenti. Lo stato di salute del settore e dei suoi imprenditori riconosce a Terme Vigliatore un ruolo di primo piano nel panorama europeo e internazionale. Basti pensare all’esportazione di piante ornamentali di agrumi e olivo, che sul palcoscenico continentale provengono per l’80 per cento proprio dalla “Comunità dei vivai”. La domanda supera in tante occasioni l’offerta, ma in Olanda, Francia, Germania, Belgio e dintorni le piante ornamentali provengono quasi interamente dalle aziende vivaistiche di Terme Vigliatore, grazie alla capacità d’investimento di tanti piccoli e grandi imprenditori che, in alcuni casi, sono raggruppati in consorzi per produrre, diversificare e muoversi in sinergia. Non è tutto rose e fiori, ma l’economia termense si muove quasi esclusivamente grazie all’indotto del suo florovivaismo, da cui ne traggono beneficio anche il turismo e le strutture ricettive, visto che centinaia di acquirenti vengono in città per seguire l’iter di produzione e conoscere tecniche e lavorazione. Oggi, dopo il boom di richieste innescatosi dal periodo post-Covid, dove le vendite hanno segnato picchi mai registrati prima, la situazione è ritornata più o meno alla fase pre-emergenziale con i suoi “pro” e “contro”. «La flessione di quest’anno, dovuta ad una sovrapproduzione generalizzata – afferma l’imprenditore Salvuccio Materia – è stata determinata da una piccola contrazione della richiesta, solo ed esclusivamente per le piante di olivo, mentre per le piante ornamentali e gli agrumi abbiamo confermato la produzione e continuiamo a vendere all’estero con le stesse modalità e tecniche, caratterizzate da un prodotto con trattamenti a residuo zero ed ecosostenibili, così come ci impone la richiesta e la normativa». Il rinnovamento tecnologico e lo sviluppo, a differenza della varietà del prodotto richiesta dal passato, impongono oggi l’omogeneità, la qualità e l’investimento anche in ambito sanitario e ambientale: «L’ecosostenibilità, l’omogeneità del prodotto e la fruttificazione sono i vincoli che vengono maggiormente richiesti all’ingrosso – prosegue Materia –. Appunto per questo, molte aziende del nostro territorio, di comune accordo con le Università e gli specialisti del settore, si sono unite in consorzio per sperimentare nuove tecniche di produzione per aumentare la lotta integrata agli insetti che danneggiano le produzioni, immettendo nelle zone allestite l’insetto “antagonista” che impedisce che questo accada, salvaguardando i prodotti e riducendo al minimo i trattamenti, anche quelli consentiti dalla legge. Alcune di queste tecniche le abbiamo già adottate, mentre altre sono in corso di sperimentazione». E sulle tecniche e le dinamiche di produzione, anche in base all’irrigazione o al trasporto del prodotto, nell’ultimo ventennio il cambiamento ha imposto investimenti e lungimiranza: «Nonostante i problemi circoscritti alla logistica – afferma l’imprenditore Antonino Valenti – che sono un vero e proprio fardello per il nostro settore, visti i costi esorbitanti e i tempi lunghi per la consegna che avviene su strada e con mezzi pesanti, abbiamo stravolto la produzione in virtù delle normative rigide per la coltura e la produzione. Ridurre quasi del tutto l’uso di prodotti fitosanitari ha previsto tanti sacrifici e combattiamo giornalmente con la mancanza di manodopera specializzata. Tuttavia, il settore si è adattato presto e bene al cambiamento, anche perché la richiesta c’è sempre e si pretende sempre un prodotto perfetto e di qualità». Sul fronte dell’emergenza idrica, che sul territorio non ha avuto particolari ripercussioni, le conseguenze sono state marginali. Non essendoci consorzi di bonifica per l’approvvigionamento di acqua, molte aziende e impianti destinati al florovivaismo si sono dotati di pozzi, anche se la paura di restare senza acqua ha condizionato alcune produzioni: «L’irrigazione è ormai attivata ad orario e avviene a goccia, non più a pioggia come tanti anni fa – prosegue Valenti –. Così non si spreca acqua e non si verificano dispersioni su terreni, saie o canali di scolo che possono contaminare la falda o finire addirittura a mare. Non c’è più questa situazione, anche perché oggi a livello tecnico la quantità di acqua che si disperde da un vivaio è ridotta al lumicino rispetto a quella di un impianto a pioggia. Per non parlare anche della quantità di tempo per irrigare, adesso sensibilmente ridotta rispetto a prima. Ritengo che il nostro settore, dal punto di vista tecnologico, sia progredito più di tanti altri». Settore che attraverso i suoi imprenditori, muove un’intera economia e collabora sotto tutti i punti di vista per aumentare la qualità dei suoi prodotti, mantenendo la propria autonomia, rispettando l’ambiente e ricavando tanto in termini di profitto. Tuttavia, negli ultimi anni, si è innalzato un muro tra la politica e il settore che, secondo lo studio condotto dal dipartimento di Ingegneria dell’Università di Messina, ha usurpato e sfruttato al massimo il territorio termense fino a produrre fragilità e inquinamento. Ne è derivata la presa di posizione dell’amministrazione comunale e di buona parte del civico consesso termense, che hanno approvato una variante al Prg per lo stop all’espansionismo incontrollato dei vivai in zone a ridosso di luoghi pubblici, centri abitati e ospedali. «Giusto regolamentare tutto, controllare e setacciare il terreno in base alle sue peculiarità, ma non si può vietare a un settore che traina un’intera economia di limitare il suo raggio d’azione entro le zone consentite, pur rispettando ogni singola legge dello Stato e dell’Unione europea», è il grido di protesta dei vivaisti termensi.