Messina

Giovedì 21 Novembre 2024

Messina, arrivata la nave che porta aiuti e medicine ai bambini palestinesi

È arrivata nel porticciolo della Marina del Nettuno la nave Handala della “Freedom Flotilla”, l’imbarcazione che trasporta aiuti umanitari da destinare al popolo palestinese e il cui approdo a Messina è stato rallentato da un problema tecnico. Complicazione al motore non risolta del tutto, tanto che l’equipaggio avrebbe chiesto di poter restare in città almeno fino a domenica per risolvere la questione, prima di salpare alla volta di Malta, prossima fermata europea. Ad accogliere Handala una delegazione del “Coordinamento Messina Palestina” che nelle ultime settimane ha raccolto un carico di farmaci di primo soccorso e da banco: apporto necessario ed essenziale per la comunità palestinese, seppur simbolico nel sostegno all’azione coraggiosa e pericolosa della “Freedom” (a Messina per la quarta volta) che vuole dimostrare come la mobilitazione sociale possa essere in grado di superare gli strumenti del potere. A bordo dell’ex peschereccio Handala un equipaggio estremamente variegato, con attivisti provenienti da ogni parte del mondo (Brasile, Libano, Canada, Irlanda, Stati Uniti) e con tante donne che, al fianco della “padrona di casa” Rene Joub, hanno testimoniato la loro esperienza: «Ci sono trenta nazionalità a bordo di Handala - dice l’irlandese Caoimhe Butterfly - ma sappiamo che con noi ci sono anche di milioni di persone che contrastano questo genocidio e che ci danno sentire coraggio, amore e dedizione. La nostra missione è legata soprattutto al tema dell’infanticidio, perché i bambini non sono statistiche, ma vite perdute e non più rimpiazzate. Sulla nave ci sono anche attivisti, figli della diaspora palestinese che portano avanti il senso della ineluttabilità della liberazione: sono per noi una bussola e un faro di speranza». Intonando in arabo “Bella ciao”, la neozelandese con origini palestinesi Rana Hamida ha voluto ricambiare l’affetto ricevuto a Messina: «I vostri occhi ci spingono a continuare ad andare avanti insieme. Tutto sta diventando più difficile, incomprensibile e complicato, ma quando le cose peggiorano, noi sentiamo forte il fuoco che arde in noi e ci porta ad agire e lottare. E non siamo mai soli, perché c’è una comunità da cui possiamo attingere risorse morali: questo viaggio non finirà in Palestina, ma cresceremo con amore e solidarietà, i capisaldi su cui investiamo per stare con le persone, non contro qualcuno». L’americana Elizabeth Murray è un ex funzionaria dell’intelligence americana con competenze in Medio Oriente: «Ho sentito la necessità di salire a bordo, perché sento una responsabilità particolare essendo stata parte del governo statunitense. Mi vergogno della posizione presa dal mio paese sul genocidio a Gaza, è inaccettabile. Sono molto felice di essere a Messina, perché in passato ho incontrato Vittorio Arrigoni che partecipò alla “Freedom” nel 2008 e il suo spirito mi ha ispirato tantissimo». Tra le testimonianze raccolte anche quelle di Sanford Kelson e Zohar Chamberlain, già a Messina nell’incontro del ° agosto, e quella di Aoife Ni Mhurchu, operatrice del sistema sanitario irlandese: «Da anni lavoro per missioni umanitarie, anche legati a conflitti molto noti, ma non ho mai assistito a un genocidio come quello palestinese e una tale devastazione della struttura sanitaria, con 36 ospedali distrutti e migliaia di operatori uccisi».

leggi l'articolo completo