Mamma Cinzia non riesce a trattenere le lacrime quando arriva al primo piano, davanti al portone dell’appartamento in cui ha perso sua figlia, ed esplode nel pianto. «Essere qui spezza il cuore - ci dice poco prima papà Enzo - abbiamo passato momenti bellissimi con Lorena, poi quando hanno dissequestrato la casa abbiamo trovato dentro qualcosa che solo un mostro poteva fare, sangue ovunque, era solo una bestia». C’è una folla silenziosa di un centinaio di persone davanti al civico 12 di via Delle Mimose a Furci Siculo, la palazzina dove il 31 marzo del 2020 è stata uccisa Lorena Quaranta, la studentessa 27enne di Favara che studiava Medicina a Messina e aveva scelto quell’alloggio all’estremità nord della cittadina furcese per convivere con il fidanzato, divenuto il suo assassino. A riunirla è stata l’associazione-centro antiviolenza “Al Tuo Fianco”, che ha organizzato una marcia silenziosa per fare rumore e contestare le motivazioni della sentenza della Cassazione che ha annullato con rinvio, limitatamente all’applicabilità delle attenuanti generiche, la condanna all’ergastolo di Antonio De Pace, sostenendo come non sia stato valutato in primo grado e in appello se lo stato di stress e angoscia legato al Covid possa aver inciso sulla sua responsabilità penale. «Motivazioni che abbiamo accolto con sdegno e rabbia - commenta Enzo Quaranta - lo stress da Covid non c’entra nulla, le carte processuali lo dimostrano, non era affatto stressato, la sera usciva con gli amici e andava a divertirsi, ci affidiamo ai giudici di Reggio Calabria affinché valutino bene gli atti. Se parliamo di stress, allora io dovrei fare una strage visto il mio stato».
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