Un nuovo giallo avvolge i Peloritani a monte di Fiumedinisi. A due anni dalla morte di Riccardo Ravidà, l’allevatore di 34 anni ucciso la sera del 26 luglio 2022 in contrada Ferrera, in territorio di Alì, con tre colpi di fucile sparati mentre era al volante del suo fuoristrada, poi dato alle fiamme con il cadavere all’interno, c’è un altro decesso questa volta dai contorni ancora tutti da chiarire. In quel caso l’omicidio, ancora senza colpevoli, è stato evidente sin da subito, mentre adesso l’ipotesi iniziale non convince. Almeno non tutti. In contrada San Pantaleo, non lontano dai fatti efferati di due anni fa, nei giorni scorsi è stato trovato il corpo senza vita di un allevatore nisano, Giovanni Ciulla, 58 anni, che viveva da solo in un edificio rurale all’interno di un terreno di proprietà dell’Azienda Foreste Demaniali. Il suo corpo è stato rinvenuto impiccato ad un albero e per i carabinieri intervenuti sul posto il caso è stato classificato sin da subito come suicidio, così come dal medico necroscopo giunto per l’accertamento della morte e che avrebbe escluso azioni di terze persone nel provocare il decesso dell’uomo. Una morte che, però, non convince i familiari della vittima, in particolare un nipote che intratteneva i rapporti più stretti con il 58enne e che, sin dal primo momento, ha messo in evidenza incongruenze e anomalie che farebbero pensare come lo zio potrebbe essere stato ucciso e non si sarebbe tolto la vita. Il parente, che per il momento preferisce non rilasciare dichiarazioni, ha redatto una memoria scritta mettendo nero su bianco tutti i dubbi e la ricostruzione degli ultimi giorni di vita del congiunto e si è affidato all’avv. Salvatore Carroccio, che ha presentato istanza alla Procura della Repubblica di Messina per chiedere l’esecuzione dell’autopsia sulla salma di Giovanni Ciulla, in modo da accertare come sia morto e chiarire tutti i punti oscuri.