Hanno scelto strade difensive differenti Francesco Scirocco e Giovanni Bontempo, i due imprenditori del Messinese, arrestati nell’ambito dell’inchiesta avviata dalla Dia di Milano. Nel corso degli interrogatori di garanzia, Bontempo ha risposto alle domande del gip e provato a chiarire la sua posizione. Assistito dall’avvocato Alessandro Pruiti, attende adesso le determinazioni dello stesso giudice, in alternativa quelle del Riesame. Si è avvalso invece della facoltà di non rispondere Scirocco, difeso dall’avvocato Nino Favazzo. I due sono stati rinchiusi in carcere perché ritenuti contigui al clan dei “Barcellonesi”. Coinvolti in un’indagine che ha portato alla luce gli affari, e i tentativi (non tutti riusciti), di Cosa nostra di intercettare appalti per importanti opere pubbliche e fondi del Pnrr. Scirocco, originario di Gioiosa Marea, avrebbe agito, sempre secondo l’accusa, come referente per il clan mafioso localizzato nella provincia tirrenica di Messina, ma con rapporti consolidati ormai in tutt’Italia. Un’indagine che ha portato alla luce gli affari, e i tentativi (non tutti riusciti), di Cosa Nostra di intercettare appalti per importanti opere pubbliche e fondi del Pnrr. Al centro dell'inchiesta, alla quale ha lavorato il Gico (Gruppo investigativo sulla criminalità organizzata) della Guardia di finanza, e coordinata dalla pm Silvia Bonardi della Dda milanese, è finita, tra le altre cose, la società “Infrastrutture M&B Srl”, con sede a Milano. Un’azienda, costituita nel 2019, che ha come soci al 24,4 per cento Bontempo e al 76,6 per cento la moglie. Gli investigatori ritengono che, di fatto, il vero “nume tutelare” dell’impresa fosse proprio Scirocco. La “M&B” aveva svolto lavori di manutenzione delle strade a Catania e si era aggiudicata gare a Palermo e in altre regioni.