Risanare, a Messina, è diventato sinonimo di eliminare le baracche dando alle famiglie che le abitano una casa dignitosa. Ma c’è una seconda fase, altrettanto importante che ancora non è stata del tutto apprezzata. È quella della riqualificazione delle aree in cui quelle favelas sorgevano. Una trasformazione urbanistica che sostituisce l’immagine di degrado con una accogliente e sicura. Già, sicura. Perché in qualcuna di quelle aree era impensabile vivere, e non per le condizioni delle abitazioni ma perché nel terreno c’erano nascosti veleni da far accapponare la pelle. Negli anni ‘60, a Fondo Saccà era nata un’industria per la costruzione di batterie per auto. Sessanta anni fa evidentemente le norme ambientali (e la relativa coscienza) non era quelle di oggi e così in quel terreno a pochi passi da un paio di grossi insediamenti commerciali e sulla via Maregrosso sono stati trovati idrocarburi pesanti, mercurio, stagno ma soprattutto grosse concentrazioni di piombo e zinco. Tutti metalli pesanti a profondità variabili fra il metro e i 5 metri. Le baracche furono realizzate proprio sui resti di quell’azienda e le hanno vissute decine di famiglie per una cinquantina di anni, inconsapevoli del fatto che dormissero sui veleni. Una volta che il risanamento è partito, quella fu una delle zone dalla quale è iniziata l’attività di demolizione ( del 2021) e ricostruzione. Ma dopo la caratterizzazione è saltato fuori l’inquinamento clamoroso del terreno. E ieri l’area è stata consegnata all’azienda di Lanciano che se ne occuperà l’area per far partire la bonifica. Cinque mesi di lavori per eliminare tutti quegli inquinanti e poi far partire la costruzione di 44 abitazioni destinate a chi è in disagio abitativo delle baraccopoli.