Il giorno più difficile. Quello dell’addio. Quando nella mente si ripercorre l’orologio della vita e ci si chiede perché debba essersi “rotto” proprio così presto. Peppe Carauddo non doveva morire a 16 anni. Era un ragazzo d’oro che aveva una vita davanti ed era pronto ad affrontarla con impegno ed entusiasmo. Quella gioia di vivere contagiosa, come si è compreso ieri pomeriggio quando nella chiesa Maria Santissima della Visitazione di Pace del Mela sono giunti in tantissimi per l’ultimo saluto al loro amico e per dare un segno di vicinanza a papà Roberto e alla mamma Agata, distrutti da un dolore che non potrà essere mai cancellato. E mai la chiesa era apparsa così troppo piccola per contenere gli intervenuti (oltre mille persone).
Tanta commozione, tante lacrime anche da parte di coloro che non hanno mai conosciuto Peppe, ma anche compostezza nel seguire il rito religioso officiato da padre Antonio Alfieri, che ha letto un testo di San Basilio Magno che parla del dolore di una madre per la perdita di un figlio. Alla fine il ricordo della fidanzata Denise. Poche, ma toccanti parole: «Ogni singolo istante con te era un dono. Sei andato via troppo presto. Avevo ragione quando ti chiamavo scherzosamente bimbo monello. Ti voglio bene Elefantino». Poi all’uscita palloncini bianchi sono volati in cielo, lanciati dagli amici e dai compagni di scuola dell’istituto “Majorana”, E una sola frase urlata con gli occhi gonfi di lacrime: «Il tuo cuore batterà sempre in ognuno di noi».
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