«Credo fermamente che anche i piccoli passi siano significativi e contribuiscano a un cambiamento positivo». In tre aggettivi si definisce ambiziosa, appassionata e attenta. Valentina Geraci, originaria di Capo d’Orlando, classe 1994, incarna quella gioventù impegnata che imprime con la penna storie appassionate di chi ha scelto di andare via dal suo paese portando una valigia piena di desideri e sogni. E non solo, perché l’impegno della giovane è variegato «Oggi – dice in premessa – mi occupo di consulenza, ricerca e analisi nei campi dei migration studies e degli African studies, con un focus sulle relazioni tra Italia e Senegal e sugli scambi economici tra il Sud Europa e l’Africa Occidentale. Dirigo l’Osservatorio Sahel e Africa subsahariana per il Centro Studi Amistades Aps e collaboro come giornalista freelance con riviste ed emittenti televisive di rilievo nazionale e internazionale, tra cui Spagna, Francia, Senegal e Gambia. Sono referente di una delle commissioni di lettura per il progetto Diari multimediali migranti, che annualmente raccoglie le autobiografie di persone di origine straniera in Italia, contribuendo a contrastare i tanti stereotipi sulla migrazione».
E accanto all’impegno nella ricerca e nel giornalismo opera nel settore accademico, partecipando a convegni in università italiane e attività di sportello informativo ma anche legale rivolte ai cittadini con background migratorio. Un impegno nato tra una campanella suonata e una lezione assimilata: «La mia passione – dice facendo un salto nel passato – per il continente africano è nata fin da bambina, grazie alla vicinanza con la comunità senegalese attraverso alcune amicizie tra i banchi di scuola. Questi legami hanno gettato le basi per un interesse che è cresciuto con me, spingendomi negli anni a esplorare sempre di più le connessioni tra diversi paesi, persone, economie e scambi». Con il tempo, poi, il desiderio di comprendere più a fondo certe dinamiche l’ha portata a iscriversi all’università di scienze politiche e relazioni internazionali: «Ho scelto la Toscana, dove vivo oggi, – ricorda – per concludere i miei studi con un progetto di ricerca sulla mobilità senegalese e gli scambi socio-economici tra il Sud Europa e l’Africa occidentale. Questa regione che mi ha adottata è la seconda regione italiana per presenza di cittadini con origini senegalesi, ma vanta anche un ricco tessuto associativo di persone con background migratorio. Questo contesto mi ha offerto l’opportunità ideale per approfondire le mie ricerche, contribuendo a rispondere alla disinformazione che spesso domina i media mainstream quando parliamo di Africa». E tante sono le storie che ha raccolto e che restano escluse dal dibattito pubblico. Voci di migranti che ci fanno comprendere quanta bellezza risieda nella diversità. C’è Pap Khouma, scrittore e giornalista, senegalese di nascita e oggi cittadino italiano, che da quarant’anni vive nel nostro Paese. Nonostante questo, racconta di sentirsi costantemente sotto esame, costretto a dimostrare continuamente la sua “italianità”. Tra le storie raccolte c’è quella di Omar, giovane gambiano che affronta ogni giorno la pressione di essere figlio e migrante, portando con sé la doppia responsabilità nel nostro Paese e in Gambia. Sempre dal West Africa i ricordi di Kissima, oggi in Sicilia, dove sta scontando una pena portando e scrollandosi di dosso il marchio di trafficante. Dopo un lungo viaggio irregolare, durante il quale non ha avuto la possibilità di ottenere documenti per viaggiare regolarmente, è stato costretto dai libici a prendere il comando di un barcone in una notte di qualche anno fa, con centinaia di persone sotto la sua responsabilità. «Selezionare una storia – sottolinea – è sempre difficile: ciascuna ha una sua specificità tra speranze, passioni, sfide personali per il futuro, sogni realizzati ma anche problemi burocratici, lotte per il riconoscimento dei propri diritti, torture e violenze subite durante i viaggi o difficoltà nell’ottenere documenti in tempi ragionevoli. Porto nel cuore le parole di due giovani intervistati, uno dalla Costa d’Avorio e uno dal Gambia: «La mia storia, anzi la nostra storia, la racconteremo noi stessi perché nessuno la sa meglio di noi», ricordando che «senza un documento non sai più chi sei. Ti senti da solo e non puoi fare nulla!». Queste parole non solo interessano tantissime persone, ma rivelano le enormi difficoltà che molti affrontano anche dopo tanti anni in Italia. Spesso la loro vita è come se fosse temporaneamente sospesa, intrappolata nei lunghi e complessi processi burocratici necessari per ottenere un permesso di soggiorno.
Questo periodo di attesa rappresenta una sorta di limbo esistenziale, in cui il tempo sembra essere rubato alle loro vite e alle loro identità, a passioni di ciascuno e a investimenti per la propria vita personale e professionale. E i sogni nel cassetto di Valentina sono tanti: « Dopo aver trascorso un periodo di ricerca in Africa Occidentale, il mio obiettivo è ora contribuire attivamente a progetti di ricerca transnazionali. Desidero continuare a scoprire e raccontare storie che possano offrire strumenti nuovi per una comprensione più profonda della mobilità umana, oltre a una descrizione più accurata di Paesi, storie, tradizioni e culture. Del resto, – conclude – gli stereotipi avanzano se socialmente condivisi ed è per questo che smantellarli resta il passo quotidiano da compiere continuando a informarsi e a investire nel proprio sapere. Come giornalista e ricercatrice, i miei desideri riflettono la mia dedizione agli studi sul continente africano tra economia, sociologia e giurisprudenza»
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