Messina

Martedì 05 Novembre 2024

Messina, una mafia che cambia pelle per fare “affari”

Una mafia messinese pronta a cambiare pelle a seconda con chi si trovi a fare affari. Un territorio provinciale che risente delle influenze su più versanti. Sono questi i due dati principali della relazione semestrale della Dia. Ecco in dettaglio il quadro che gli investigatori delineano per la città e la provincia. Il quadro della provincia Il territorio della provincia - scrive la Dia -, si pone quale crocevia di traffici illeciti in cui, nel tempo, è stata riscontrata la presenza oltre che dei sodalizi locali anche di altre matrici mafiose, quali cosa nostra palermitana, catanese e le cosche ’ndranghetiste. Tale aspetto, che da un lato consente di intessere alleanze, dall’altro fa assumere alla mafia messinese caratteristiche mutevoli in base ai differenti territori della provincia in cui agisce. Di conseguenza, nelle zone a nord-ovest, le peculiarità delle consorterie risultano avere modus operandi assimilabili a cosa nostra palermitana, mentre nel capoluogo, nella fascia ionica e in quella a sud della provincia i sodalizi messinesi risentono dell’influenza dei gruppi criminali etnei. Costanti nel territorio messinese risultano, inoltre, le convergenze criminali con le confinanti ’ndrine calabresi, principale riferimento per l’approvvigionamento di stupefacenti. Le differenze geografiche - prosegue la Dia -, tuttavia, non influiscono sulla visione criminale dei gruppi, i quali manifestano interessi sia nei tradizionali reati di criminalità mafiosa, sia nell’ingerenza nei settori nevralgici dell’economia e della finanza, grazie, anche, a taluni comportamenti collusivi di imprenditori, professionisti e locali funzionari pubblici. I Barcellonesi L’analisi del contesto territoriale svolta nel periodo di riferimento - prosegue la Dia -, conferma la ripartizione delle aree d’influenza dei gruppi messinesi. La famiglia Barcellonese opererebbe nella parte settentrionale della provincia. Si tratta di un sodalizio, fortemente radicato sul territorio, dotato di particolare forza intimidatrice, il cui core business è rappresentato dal traffico di stupefacenti, nel cui ambito sono emerse sinergie con sodalizi mafiosi, estremamente qualificati, quali quelli calabresi e catanesi. Essa continuerebbe a manifestare una spiccata capacità riorganizzativa finalizzata alla gestione delle redditizie attività delittuose nel territorio, sotto l’egida di un’unica regia. La famiglia dei Barcellonesi risulterebbe prediligere, altresì, l’infiltrazione nei canali dell’economia legale anche attraverso l’inclusione di imprenditori compiacenti e talvolta inseriti a pieno titolo nella compagine associativa. L’operatività della famiglia è stata riscontrata nel semestre dagli esiti di un’attività d’indagine condotta dalla Dia che ha consentito di appurare come un esponente di rilievo della consorteria barcellonese, sebbene ristretto in regime detentivo speciale, in occasione dei colloqui in carcere, riuscisse a gestire, grazie ai propri familiari, alcune attività commerciali operanti nel settore della ristorazione, già sottoposte a confisca e ad amministrazione giudiziaria nel 2018. Le attività confiscate, successivamente, sono state locate ad altra impresa costituita ad hoc da un soggetto prestanome, circostanza che avrebbe consentito ai familiari del detenuto di rientrare, per suo tramite, nel pieno possesso delle imprese. La zona dei Nebrodi Nella zona nebroidea - scrive la Dia -, risulterebbero radicati storici gruppi quali i Tortoriciani, i Brontesi, la famiglia di Mistretta e i Batanesi. Questi ultimi, nel tempo, avrebbero assunto il predominio nella zona, cosi come confermato da una recente sentenza di condanna, scaturita a seguito del procedimento “Nebrodi”. I Tortoriciani e i Batanesi continuerebbero a manifestare interesse, oltre che in settori tradizionali quali il traffico di stupefacenti, soprattutto verso l’illecito accaparramento dei finanziamenti pubblici destinati allo sviluppo agropastorale, perpetrato anche mediante il coinvolgimento di professionisti. L’area jonica La fascia jonica - prosegue la Dia -, costituisce invece da sempre un’area d’influenza delle organizzazioni mafiose etnee attive, soprattutto, nel traffico di droga e nel riciclaggio di capitali illecitamente accumulati. Recenti indagini eseguite in tale contesto territoriale, che ben si presta, grazie ai flussi turistici, ad essere piazza di spaccio di rilievo, hanno riconfermato come il business degli stupefacenti favorisca forme di sinergica collaborazione criminale in grado di superare anche storiche rivalità tra clan. La città di Messina Nella città di Messina - scrive la Dia -, ad eccezione del rione “Giostra”, risulterebbe attiva, secondo una suddivisione dei quartieri e sovraordinata ai gruppi autoctoni, una “cellula” di cosa nostra catanese riconducibile ai Romeo-Santapaola. Nel rione “Giostra”, invece, risulterebbe storicamente egemone il clan Galli-Tibia, dedito all’organizzazione di corse clandestine di cavalli, al narcotraffico in collaborazione con consorterie catanesi e calabresi, alle scommesse illegali, nonché alla gestione di attività commerciali. Nel territorio continuano a manifestarsi fenomeni criminali legati a reati predatori e al traffico di stupefacenti come confermato da recenti indagini. Nel centro cittadino - prosegue la Dia -, continuerebbero ad operare diverse entità criminali. Dagli esiti dell’operazione “Provinciale” del 2021, infatti, emergono forme di collaborazione tra tre distinti gruppi criminali per la spartizione dei proventi derivanti dalle tipiche attività illecite. Al clan Lo Duca, invero, sarebbe stata affiancata l’operatività di una consorteria attiva nel rione “Maregrosso” e di un’altra operante nella zona denominata “Fondo Pugliatti”. Nel quartiere “Camaro-Bisconte” ridimensionata risulterebbe l’operatività del clan Ventura-Ferrante, così come il clan “Mangialupi”, rappresentato dalle ormai storiche famiglie e anch’esso indebolito da pregresse indagini, continuerebbe ad esercitare il controllo criminale dell’omonimo rione. Nelle vicinanze del centro cittadino, nel rione “Gravitelli”, opererebbe il clan Mancuso come emerso dalle risultanze dell’operazione “Montagna Fantasma” conclusa lo scorso semestre. A sud del capoluogo e, in particolare, nel quartiere “Santa Lucia sopra Contesse” - prosegue la Dia -, si conferma l’operatività del clan Spartà, capace di mantenere stabili contatti con sodalizi calabresi finalizzati all’approvvigionamento di stupefacenti da destinare alle locali piazze di spaccio, come emerge dagli esiti dell’inchiesta conclusa lo scorso luglio 2022 dai carabinieri di Messina, che ha evidenziato un fiorente traffico di droga sulla rotta Calabria-Sicilia. A conferma della tendenza del clan ad interagire con le confinanti cosche calabresi nello specifico settore, nel periodo in esame intervengono gli esiti dell’operazione “Chanel”, conclusa il 3 marzo 2023 dalla Polizia di Stato di Messina. Corruzione & appalti Non va sottaciuto inoltre, il fenomeno delle corruttele che spesso si concretizzano nel settore degli appalti pubblici e nelle procedure di accesso a fondi pubblici che vede coinvolti imprenditori, funzionari pubblici e, a volte, esponenti della criminalità organizzata. Nel semestre, un’indagine condotta dalla Dia di Messina si è conclusa con l’arresto di 4 soggetti ritenuti responsabili in concorso di turbata libertà degli incanti nell’ambito di una gara d’appalto riguardante il Consorzio per le Autostrade Siciliane.

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