Il Comune rischia di dover pagare per ottenere ciò che, se tutto fosse stato fatto come si deve e per tempo, ormai decenni fa, avrebbe ottenuto gratuitamente. È questa l’estrema sintesi della per certi versi incredibile vicenda dei Piani di lottizzazione rimasti “in sospeso” in città e per i quali, adesso, a Palazzo Zanca non resta che provare a limitare i danni. Andiamo con ordine. Cos’è un Piano di lottizzazione? È uno strumento urbanistico che prevede delle nuove edificazioni; prevede che, all’origine, venga stipulata una convenzione, in cui i privati lottizzanti si impegnano a cedere gratuitamente, al Comune, le aree per la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria (strade, parcheggi, fognature, sottoservizi, etc.) e secondaria (aree a verde, asili, impianti sportivi, etc.) e a corrispondere i relativi oneri. Il tutto deve essere realizzato entro dieci anni, comprese le opere di urbanizzazione, requisito chiave per ottenere il via libera all’edificazione. Nel 2012 il Comune effettua una ricognizione dei Piani di lottizzazione già autorizzati e per i quali non era ancora avvenuta la cessione gratuita di aree e opere di urbanizzazione . Si tratta, per lo più, di Piani risalenti ai primi anni ’80, come spiegato ieri in commissione consiliare dai tecnici comunali. Una quarantina di essi (molti dei quali relativi a edificazioni avvenute all’Annunziata, ma ci sono anche “Messina Due” e aree della zona sud) non risultano «correttamente definiti per inadempienza convenzionale da parte dei lottizzanti», come specificato in una delibera approvata un anno fa dalla giunta Basile, e ne sfociano, già all’epoca, contenziosi al Tar. Il problema nasce quando iniziano ad arrivare le sentenze, pressoché tutte identiche: «Una volta intervenuto il termine prescrizionale decennale – è il succo – viene a cessare il diritto in capo alla Pubblica amministrazione di pretendere tanto il completamento delle opere di urbanizzazione e delle relative aree quanto la cessione gratuita». In parole semplici, essendo trascorso troppo tempo, il Comune non può pretendere nulla. Per questo Palazzo Zanca rinuncia a ricorrere in appello al Cga e prova a capire come risolvere la situazione. Sostanzialmente i percorsi sono due, è stato spiegato ieri in commissione: per i Piani di lottizzazione che hanno già un collaudo positivo si procederà con un semplice nulla osta e si inviterà il privato alla cessione delle aree ma, dettaglio importante, solo «su base volontaria». Le ditte lottizzanti, in sostanza, non potranno essere obbligate a cedere le aree e, in questo caso, si dovrà trovare un accordo economico. In assenza di collaudo o in caso di collaudi negativi, si dovrà procedere con sopralluoghi tecnici per verificare lo stato dell’arte. Solo una volta «determinato il numero esatto di eventuali cessioni volontarie delle opere di urbanizzazione si potrà procedere a quantificare gli importi al fine di pianificare la relativa copertura finanziaria». Un passaggio successivo. Che, però, si sarebbe potuto evitare.