L'ex dipendente postale del Messinese che si appropriò dei soldi dei correntisti: mercoledì l'udienza preliminare
Potrebbe procedere con il rito abbreviato la vicenda giudiziaria che vede coinvolto Calogero Mario Parafioriti, 62 anni, originario di Galati Mamertino, residente a Sant’Agata Militello, ex dipendente dell’ufficio postale di Motta d’Affermo, accusato di peculato e difeso dall’avvocato Massimiliano Fabio. Dopo un precedente rinvio per un motivo tecnico, si terrà mercoledì prossimo, 15 maggio, l’udienza preliminare, davanti al gup del Tribunale di Patti Ugo Domenico Molina e si ipotizza, anche se non vi è la certezza, che l’indagato possa optare, appunto, per l’abbreviato. Il rinvio a giudizio di Parafioriti è già stato chiesto dalla sostituta procuratrice di Patti Antonietta Ardizzone, titolare del fascicolo d’indagine. La vicenda, quando venne scoperta, ebbe una forte eco al tempo. Secondo l’accusa l’ex dipendente, dal 2015 al 2022 quando era l’unico impiegato dell’ufficio postale di Motta d’Affermo, svolgendo le mansioni di cassiere e responsabile, si sarebbe impossessato indebitamente di 558.265,51 euro, sottratti periodicamente, nell’arco dei suddetti sette anni, a numerosissimi correntisti che avevano il conto postale nel centro nebroideo. I soldi erano stati estrapolati dai conti correnti e dai libretti di 59 correntisti, oggi parti offese – come Poste Italiane – nel procedimento con l’assistenza degli avvocati Antonio Di Francesca del foro di Patti, Agata Pantò del Foro di Messina e Antonella Marinaro del foro di Termini Imerese. Tutto venne a galla quando alcuni correntisti, controllando nei loro depositi e non avendo fatto grossi prelievi, si videro mancare varie somme di denaro. Scattò la immediata denuncia alla Compagnia dei carabinieri di Mistretta e vennero avviate le indagini coordinate dal pm Ardizzone. Dagli accertamenti svolti, insieme a personale antifrode di Poste Italiane, sarebbe emerso che il funzionario, come responsabile e unico dipendente dell’ufficio postale di Motta d’Affermo, proprio grazie alla possibilità di poter operare in totale autonomia, avrebbe truffato, in modo seriale, i 59 correntisti con piccoli o grossi ammanchi ammontanti alla ingente somma di oltre mezzo milione di euro nell’arco di sette anni. L’escamotage, secondo le indagini, vedeva il dipendente creare dei falsi libretti di deposito cartacei usandoli in bianco originali che avrebbe compilato con una stampante. Per anni le varie somme versate e le operazioni effettuate dagli ignari clienti sarebbero state, di volta in volta, annotate dal funzionario su ciascun falso libretto, in modo da fornire un’apparenza di normalità e di disponibilità del denaro per ogni correntista truffato.