Sono passati diciassette anni dalle elezioni a Furnari, che secondo l’accusa nel 2007 vennero condizionate da infiltrazioni mafiose del gruppo dei “Mazzarroti” in cambio dell’affidamento dei lavori alle ditte “protette” dopo l’alluvione che colpì la zona. La sentenza di primo grado del procedimento denominato “Torrente”, che nel 2010 scaturì dalle indagini della Distrettuale antimafia e dei carabinieri del Ros su quelle consultazioni elettorali, si ebbe soltanto nel 2021 a Barcellona. Ieri invece, s’è registrata a Messina la sentenza della sezione penale della corte d’appello corte d’appello presieduta dal giudice Antonino Giacobello. E la sentenza parla di quattro pensati condanne, una confermata e tre ridotte, una prescrizione e una clamorosa assoluzione rispetto al primo grado. Perché l’imprenditore di Furnari Roberto Munafò, che in primo grado era stato condannato a 7 anni di reclusione, in appello è stato assolto con la formula “perché il fatto non sussiste”. I giudici quindi hanno accolto le teorie difensive del suo legale, l’avvocato Franco Bertolone. La conferma integrale della condanna di primo grado a 7 anni e 7 mesi di reclusione l’ha invece registrata l’ex sindaco di Furnari, Salvatore Lopes. Lievi riduzioni di pena hanno invece registrato il boss dei “Mazzarroti” Tindaro Calabrese (3 anni), l’imprenditore del settore turistico Leonardo Arcidiacono (8 anni), e Sebastiano Placido Geraci (7 anni e 6 mesi). Il “non doversi procedere” per prescrizione dei reati a suo carico è stato dichiarato invece, con la concessione dell’attenuante prevista dai collaboratori di giustizia, per l’ex capo dei “Mazzarroti" Carmelo Bisognano, al quale poi successe Calabrese al comando del gruppo. Il collegio di difesa è stato composto dagli avvocati Adriana La Manna, Pinuccio Calabrò, Tino Celi, Fabio Repici e Massimo Spitaleri. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Messina