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La storia di Marjan Jamali: si oppose allo stupro e venne arrestata. È in carcere a Barcellona

Il mare e poi l'inferno: accusata da quattro iracheni di essere una scafista. Separata dal bambino di 8 anni, la donna è stata in carcere prima a Reggio Calabria e ora nel carcere del popoloso centro del Messinese

Una donna iraniana di 29 anni, madre di un bambino di 8, si trova rinchiusa nel carcere di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) dopo essersi opposta a un tentativo di stupro.

E' stata accusata di essere una scafista da tre uomini che avrebbero tentato di violentarla. La sua storia era stata resa nota dal Circolo ReggioSud che, in occasione dell’8 marzo, aveva raccontato sui social l’odissea della donna, chiedendo giustizia per lei. E oggi pomeriggio Laura Boldrini, deputata Pd e presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo, la incontra. Marjan Jamali è una giovane donna iraniana costretta a scappare dal suo Paese, insieme al figlio di otto anni. Con l’aiuto del padre che con mille sacrifici aveva messo insieme i 14 mila euro che servivano per il viaggio della speranza, madre e figlio erano arrivati in Turchia. Nella notte tra il 22 e il 23 ottobre erano saliti a bordo di una barca a vela con un centinaio di persone, alcune iraniane, dirette in Europa.

Durante la traversata la donna avrebbe subito un tentativo di aggressione sessuale da quattro iracheni, ma aveva urlato e a sua difesa era intervenuto un connazionale che l’aveva salvata. La barca - come ricostruito dal Circolo ReggioSud - venne intercettata e fatta sbarcare nel porto di Roccella Jonica dove i migranti furono identificati e interrogati e dove i quattro iracheni indicarono la donna e l’uomo che la difese come gli scafisti. Per entrambi scattò l’arresto. Il bambino «è stato affidato dal tribunale dei minori a una famiglia afghana in una comunità in Calabria. La madre portata a Reggio, in carcere, dove non è mai stato portato suo figlio fino a pochi giorni fa. Inoltre, a lei sono stati notificati tutti i documenti in arabo e lei non lo parla». Il gip di Locri ha respinto la richiesta di domiciliari e lei successivamente è stata trasferita a Barcellona Pozzo di Gotto. La donna, scrive il Circolo «in carcere ha già due volte tentato il suicidio». L’udienza del processo è stata fissata per oggi dalla procura di Locri. 

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