Grazie ai dati recuperati dal telefonino di Ayman Sarti, il ragazzo di 16 anni di origine marocchina, arso dal fuoco nel corso della serata del 16 febbraio dello scorso anno, gli investigatori e gli inquirenti che ritengono che si sia trattato di suicidio, hanno ricostruito le ore che hanno preceduto la tragedia. Decisiva l’analisi del traffico telefonico e dei messaggi e delle chat personali tra la giovane vittima e i suoi conoscenti. Il suo telefono, preservato dalle fiamme, è stato ritrovato intatto sul selciato del piazzale, appoggiato sul portafogli che conteneva banconote, così come il giubbotto che il giovane non indossava. In particolare quella sera il sedicenne, dopo aver accompagnato la madre ad un funerale di connazionali a Milazzo, è rientrando in auto assieme al fratello a Merì. Ayman, prima di far perdere le sue tracce, aveva ricevuto un messaggio sul suo telefonino da qualcuno che i familiari della vittima non avevano saputo indicare e che in realtà era un suo amico che lo attendeva assieme ad altri conoscenti. Da quel momento Ayman ha cambiato i suoi programmi. Infatti, incaricato dalla madre dell'acquisto di tre pizze, pur essendosi recato nella vicina pizzeria Pulcinella di via Umberto I di Merì dove ha effettuato l'ordinazione, raccomandando alla ragazza di prepararle prima possibile perché aveva fretta, non le ha poi ritirate. Facendo perdere le sue tracce e non rispondendo nemmeno ai messaggi ed alle numerose chiamate del fratello maggiore. L'uomo, infatti, era stato chiamato dagli amici di Ayman, in quanto quest’ultimo avrebbe dovuto incontrare la madre di una ragazza che lo accusava di aver strattonato qualche giorno prima la propria figlia mentre questa si trovava al Parco Corolla. Il giovane conviveva con attimi di paura, perché la donna quella stessa sera gli aveva detto che avrebbe riferito tutto ai suoi genitori, minacciando persino lo stesso Ayman che se avesse ancora toccato la figlia con un dito gli avrebbe spezzato le gambe. Il ragazzo, che già si era più volte confidato con i suoi amici, aveva paura che quella donna potesse informare i suoi genitori. Una volta lasciata quella casa la stessa donna – secondo il racconto dei suoi amici presenti – gli avrebbe gridato contro che avrebbe detto tutto ai genitori. Da qual momento il giovane ha fatto perdere le sue tracce. E solo le telecamere dislocate lungo la strada che conduce nel piazzale “Italia 90” testimoniano il suo passaggio con le bottiglie di benzina, che poi si sarebbe riversato addosso, a cominciare dalla testa. E grazie al telefono di Ayman emerge poi che il ragazzo alle 19.46 aveva ricevuto una chiamata WhatsApp da un suo amico di nome Mohammed, alla quale non rispondeva. Nel contempo, il ragazzo transitava da solo in via dello Sport verso Piazza Italia '90, tra le mani un telefono con il display illuminato. Qualche istante dopo – e precisamente alle 19,47 – Ayman usciva dall'inquadratura della telecamera, e solo dopo circa due minuti, alle 19.49, si nota nelle stesse immagini «un improvviso bagliore riflettere sulle chiome degli alberi presenti a monte dell'incrocio di via delle Sport con Piazza Italia ‘90». Per investigatori e inquirenti con ogni probabilità quello sarebbe stato il momento «in cui Ayman si dà fuoco utilizzando la benzina acquistata poco prima presso il rifornimento IP del paese». Dalle immagini estrapolate dalla telecamera posizionata lungo la strada di accesso al piazzale, è stato appurato che «nessun'altra persona o mezzo sia entrato e uscito dal luogo del rinvenimento percorrendo il viale dello Sport o attraversando il varco presente nel Bastione del Torrente Mela, unici accessi al luogo». Come emerge dalla richiesta di archiviazione avanzata dal procuratore Giuseppe Verzera e dalla sostituta Dora Esposito, che fin dall'inizio ha coordinato le indagini dei carabinieri del Nucleo operativo della Compagnia di Barcellona al comando del capitano Lorenzo Galizia, «coloro che si osservano accedere al piazzale prima dell'arrivo di Serti Ayman erano, infatti, anche già usciti, e quelli che vi accedono successivamente – quando il corpo era già avvolto dalle fiamme – si trattava di due persone entrambi ascoltati come testimoni, hanno riferito di non aver dato importanza alle fiamme ritenendo si potesse trattasse di un incendio di rifiuti».