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Chieste 24 condanne per il clan dei Barcellonesi

A Messina il processo d’appello sulla riorganizzazione del gruppo mafioso del Longano

Si avvia verso la conclusione il processo d’appello dei giudizi abbreviati sulla riorganizzazione di Cosa nostra barcellonese, frutto dell’operazione condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Messina e dai carabinieri nel febbraio del 2022, che aveva portato complessivamente ad 86 arresti (si trattò all’epoca di tre distinte ordinanze di custodia cautelare siglate da tre gip diversi).
In primo grado, nel febbraio del 2023, davanti alla gup Simona Finocchiaro, si registrarono 33 condanne per quasi 400 anni di carcere e 6 assoluzioni. Con pene che oscillarono dai 20 anni per i “capi” ai 2 anni per gli imprenditori che avevano negato di aver pagato il pizzo, ed erano accusati di favoreggiamento. Sempre in primo grado furono decisi vent’anni di carcere per Carmelo Vito Foti, Mariano Foti e Giacomo Maurizio Sottile, e vennero accordati parecchi risarcimenti alle associazioni antimafia e antiracket che si erano costituite parte civile nel processo.
Lo scenario in appello è ovviamente cambiato. L’altra mattina al processo d’appello s’è registrata la lunga e complessa requisitoria dell’accusa, che è durata parecchie ore e s’è conclusa intorno alle otto di sera. Poi tutto è stato aggiornato all’11 aprile.
È stato il sostituto procuratore generale Maurizio Salamone a ricostruire pesi e contrappesi mafiosi del troncone principale dell’inchiesta nella sua lunga requisitoria, in un processo che adesso in appello conta 30 imputati. In estrema sintesi il magistrato dell’accusa ha richiesto ai giudici 24 condanne, tra riforma della sentenza di primo grado (per 12) e conferme della pena (per 12), e poi 6 assoluzioni, che di fatto decretano “l’uscita” dal procedimento per altrettanti imputati. Due punti fermi della requisitoria del Pg Salamone: ha chiesto il rigetto dell’appello della Procura; per gli imputati coinvolti nel giro di prostituzione ha invocato l’assoluzione dai reati contestati per la inutilizzabilità delle intercettazioni ambientali e telefoniche.

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