Mafia dei pascoli, il coraggio dei proprietari terrieri che hanno denunciato i Taranto a Montalbano
Il regno criminale-mafioso dei fratelli Taranto a Montalbano Elicona è tramontato forse definitivamente. Grazie al grandissimo coraggio di un gruppo di proprietari terrieri che stanchi si subire vessazioni hanno denunciato tutto. Una mattina, ognuno per i fatti propri, e in tempi diversi, si sono presentati alla stazione dei carabinieri di Montalbano accompagnati dal vice presidente nazionale di “Rete per la Legalità” Giuseppe Scandurra. E hanno raccontato tutto per filo e per segno. Per quello che hanno fatto, in un territorio in cui ancora vigono omertà, connivenza e disinteresse, meriterebbero di essere invitati al Quirinale dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Una stretta di mano basterebbe per ripagarli di tutto. Di raccolti distrutti da mucche, pecore e capre, lasciate pascolare apposta in quelle terre, di sconfinamenti periodici organizzati, di sorrisi ironici quando s’incrociavano gli sguardi in paese, di vessazioni e auto bruciate, di gomme tagliate. Sono loro, i proprietari terrieri che sono andati alla stazione dei carabinieri di Montalbano, che hanno dato un buon motivo alla Procura di Messina per mettere in piedi l’operazione Nebrodi 2, scattata di recente. La naturale prosecuzione della Nebrodi, che risale al 2020, sulla cosiddetta “mafia dei pascoli” dei clan tortoriciani, con le truffe all’Agea e all’Unione Europea. Col tempo, i Taranto erano diventati concretamente “padroni” di una zona enorme. Oltre trecento ettari tra la frazione Braidi, la contrada Serro Tindari, e il fiume Elicona. Basta leggere queste coraggiose denunce per ripercorrere il solito canovaccio di un territorio vessato e annichilito. Che potrebbe essere invece fonte di guadagno per decine di coltivatori e allevatori onesti. C’è un passaggio però che colpisce più di tutti. E l’ha pronunciato uno degli allevatori al maresciallo che raccoglieva la denuncia, il quale - c’è da scommettere - appena ha finito di scrivere si sarà alzato stringendogli la mano, come per dire “noi carabinieri ci siamo sempre”. Ecco quello che ha dichiarato il proprietario terriero alla fine del suo racconto: «dopo tutto quello che ho subito continuo a fare denuncia solo per i miei figli, sperando di essere d’esempio, ed insegnando loro che bisogna credere nella Giustizia». E notate che il maresciallo l’ha scritta con la “G” maiuscola, la parola giustizia. Cosa abbiano fatto in questi anni, sin dal 2014, i Taranto, a Montalbano Elicona - che sono tra gli indagati dell’inchiesta Nebrodi 2 e ritenuti vicini alla famiglia mafiosa tortoriciana -, lo sanno pure le pietre dei torrenti. E lo descrive bene uno dei proprietari terrieri in una delle denunce: «Sono al corrente del fatto che altri cittadini proprietari di terreni limitrofi ai miei, hanno da anni lo stesso problema e per motivi a me sconosciuti credo che non abbiano fatto denuncia querela. I terreni ormai nella totale gestione dei fratelli Taranto sono circa 300 ettari, praticamente una zona enorme, tutta formata da terreni di proprietà privata, che ormai risultano abbandonati dai rispettivi proprietari, che sfiniti e scoraggiati hanno dato totale libertà di gestione a questi fratelli». Tutti i racconti sono tragicamente analoghi. C’è chi ha anche subito il furto dell’auto e la richiesta di “riscatto” per riaverla. O c’è chi per esempio aveva un bel terreno coltivavo a fichi d’india e ulivi «ma in seguito ai continui danneggiamenti sono stato costretto ad abbandonarlo ed alla data odierna sono rimasti solo i tronchi degli alberi». Solo i tronchi degli alberi. O c’è chi è stato costretto «a non seminare ed abbandonare parte dei miei terreni». Eppure, nonostante l’oppressione dei Taranto, c’è stato anche chi «ormai esausto delle prevaricazioni operate contro la mia famiglia non intendo più sopportare e subire atti di arroganza e privazione ed in questo caso oltre al pascolo abusivo continuato, al danneggiamento di tutte le culture vi è anche la sottrazione della gestione del terreno in questione». Terreni da cui, oltre a far pascolare liberamente le loro mandrie, intascavano i contributi europei per l’agricoltura. Ma ora è finita.