Messina

Sabato 23 Novembre 2024

Messina, otto indagati per gli appalti all'Università: tutti gli affidamenti sotto la lente della Procura

I concetti-chiave che adopera la Procura nell’atto di conclusione delle indagini preliminari, e che ricorrono praticamente in tutti i nove capi d’imputazione, sono probabilmente tre: “appalto sopra soglia”, “ribasso del 25%”, e “mancanza dei requisiti previsti”. Ed è intorno a questi tre aspetti fondamentali che è arrivata la svolta nella seconda inchiesta sulla gestione Cuzzocrea dell’Università di Messina, inchiesta che si riferisce ai rilievi mossi dall’Anac nell’ormai lontano aprile del 2022 per la gestione degli appalti, delle forniture e dei servizi per l’ateneo peloritano. Quella sul “caso rimborsi”, comunque temporalmente più recente, per una vicenda che ha portato anche alle dimissioni di Cuzzocrea il 9 ottobre del 2023, è ancora in corso. L’atto di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415 bis c.p.c. è siglato dal procuratore vicario Rosa Raffa, che è titolare del fascicolo insieme alla sostituta Francesca Bonanzinga. La Procura ipotizza a vario titolo per otto indagati i reati di turbativa d’asta in concorso e falso del pubblico ufficiale. Oltre all’ex rettore di Messina Salvatore Cuzzocrea e al direttore generale dell’ateneo Francesco Bonanno sono indagati anche sei imprenditori, ovvero i titolari delle ditte che eseguirono lavori, in qualche caso ancora in corso, ed effettuarono forniture per l’ateneo. Si tratta del catanese Daniele Zenna, del goriziano Raffaele Olivo, del palermitano Giuseppe Cianciolo, di Santo Franco originario di Gangi nel Palermitano, di Michelangelo Geraci originario di Mussomeli in provincia di Caltanissetta, e infine dell’ex sindaca di Brolo Rosaria Irene Ricciardello, attuale consigliere comunale d’opposizione nel centro tirrenico. Il contenuto dell’inchiesta è molto preciso: i rilievi che fece l’Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione, parlando di «inadempienze e irregolarità negli appalti banditi dall’Università di Messina». Eravamo nel 2022 e l’Anac concluse l’istruttoria con la delibera n. 184, approvata dal consiglio il 5 aprile. Gli appalti contestati dall’Autorità riguardavano tutta una serie di lavori: efficientamento energetico del patrimonio immobiliare dell’Ateneo (dieci milioni di importo); i lavori di restauro conservativo dei prospetti e riqualificazione del patrimonio immobiliare universitario (importo complessivo 7.808.000 di euro); l’esecuzione dei lavori per la riconversione residenze universitarie in due plessi dell’Università (importo affidamenti euro 9.363.953 e euro 8.419.316). Inoltre, l’indagine dell’Anac riguardò affidamenti di forniture e servizi: fornitura e posa in opera di arredi didattici (importo complessivo euro 1.364.740); fornitura e posa in opera di completamento di arredo e accessori (importo complessivo euro 403.124), entrambi affidati con delibera del consiglio d’amministrazione dell’Università di Messina in data 24/9/2021. La teoria di fondo che prospetta adesso la Procura su quegli appalti, affidati in alcune sedute del consiglio di amministrazione dell’ateneo tra il settembre e il dicembre del 2021, è sostanzialmente una: ci sarebbe stata una sorta di “regia a due” tra Cuzzocrea e Bonanno - a loro infatti viene contestato, oltre che la turbativa d’asta, anche il falso del pubblico ufficiale -, con la complicità dei vari imprenditori affidatari dei lavori. Il concetto di “appalto sopra soglia” è in sostanza legato al fatto che per quei lavori, per diversi milioni di euro, sarebbe stata necessaria secondo la Procura una gara vera e propria e non una sorta di “affidamento diretto”, come in effetti avvenne. L’altro concetto-chiave è legato al fatto che praticamente quasi tutte le ditte - è questa la versione “passata” nel Cda di ateneo secondo la Procura -, effettuarono sulla carta un ribasso del 25%. E infine la “mancanza dei requisiti previsti” secondo la Procura è legata al fatto che tutte le imprese non presentavano i requisiti richiesti dalla normativa per lavori di questi importi, e in alcuni casi, a differenza di quanto è scritto nei verbali delle sedute del Cda, le ditte non avevano «trasmesso nulla per pec», con un’offerta che fu «perfettamente allineata alla richiesta della stazione appaltante». Il concetto di falso del pubblico ufficiale ipotizzato per l’ex rettore Cuzzocrea e il dg Bonanno è legato invece al fatto che, secondo la Procura, i due avrebbero fornito una falsa rappresentazione dei fatti - il primo nelle riunioni del Cda, il secondo con la materiale fattura degli atti amministrativi -, per chiudere il cerchio sugli appalti da affidare senza gara. La Procura con le sue indagini, affidate a suo tempo ai carabinieri del Nucleo investigativo, s’è occupata in concreto di cinque appalti: il primo quello per gli arredi del Dicam dell’ex facoltà di Scienze, importo di 403mila euro, coinvolta la ditta “Olivo e Groppo”; il secondo per la progettazione e l’esecuzione di lavori per l’efficientamento energetico del patrimonio immobiliare dell’ateneo, importo di 10 milioni e 170mila euro, coinvolta la ditta Cianciolo; il terzo per il restauro conservativo dei prospetti e la riqualificazione del patrimonio immobiliare dell’Università, importo 7 milioni e 808mila euro, coinvolta la ditta Icoser srl di Santo Franco; il quarto per gli interventi edilizi per riconvertire una parte del padiglione A del Policlinico a residenza per studenti, importo 9 milioni e 363mila euro, coinvolta la ditta Eredi Gerasi Salvatore srl; e infine il quinto per gli interventi di riconversione dell’ex Hotel Riviera, lungo il viale della Libertà, in residenze universitarie, importo di 8 milioni e 419mila euro, coinvolta l’impresa Ricciardello di Brolo.

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