«È stato tutto un equivoco, un difetto di comunicazione». Così, durante la recente trasmissione di “Zapping”, su RadioUno Rai, il governatore siciliano Renato Schifani ha voluto chiudere definitivamente la “querelle” con il Governo Meloni e con il ministro Matteo Salvini. Una polemica che, va ricordato, è stata innescata dallo stesso Schifani e dalla sua Giunta, con un comunicato al vetriolo riguardante la destinazione delle risorse per il Ponte sullo Stretto ricavate in parte dai Fondi per la coesione e lo sviluppo riservati alla Sicilia.
A distanza di alcuni giorni, il quadro si è rasserenato, almeno così attestano i toni conciliati del presidente della Regione, il quale si è detto sempre più convinto che «questa è la volta buona, che il Ponte sullo Stretto si farà, perché ci sono tutti i presupposti. Abbiamo un Governo che è d’accordo sul farlo, due Regioni, Sicilia e Calabria, che lo vogliono e vi è la disponibilità di risorse. Occorrerà individuare anche dei fondi europei ma credo che si tratti di un’opera che vada oltre l’interesse regionale».
Schifani ribadisce quanto ha sempre sostenuto: «Il Ponte sullo Stretto sarà un volano perché il sistema infrastrutturale di Sicilia e Calabria possa migliorarsi. Non ho mai visto questa mole di investimenti da parte del Governo centrale per migliorare il sistema infrastrutturale siciliano». E poi spiega dov’è stato l’intoppo, da dove è nato quello che definisce «un equivoco». La Regione, spiega il presidente, «è sempre stata determinata a fare il Ponte sullo Stretto. Avevamo già deliberato di destinare un miliardo di fondi Fsc a questa opera che noi riteniamo strategica e che sosterremo in ogni momento. Vi è stato un deficit di comunicazione, un equivoco, la Giunta non ha condiviso la modalità ma ormai si guarda avanti perché il Ponte va fatto e le somme, con un emendamento alla Finanziaria, sono state impegnate. È un problema di metodo che sono certo che non si verificherà più». Problema di “metodo” che, lascia intuire il ragionamento di Schifani, è nato tutto a Roma e Palermo, in qualche modo, si è sentita non coinvolta “passo passo”, così come, invece, era stato deciso di fare, nel momento in cui si è riavvolto il nastro della storia del collegamento stabile e sono state riavviate le procedure per la costruzione del Ponte sullo Stretto.
Salvini, in replica all’affondo della Giunta Schifani, aveva parlato di “fiches” da mettere sul tavolo, secondo uno schema «ragionevole» di compartecipazione ai costi della grande infrastruttura, con la Regione siciliana invitata a mettere qualche “gettone” (alias centinaia di milioni) in più rispetto alla Regione Calabria, per il semplice fatto che la maggior parte delle opere collegate al Ponte saranno realizzate sulla sponda siciliana. E che il Ponte, in se stesso (cioè soltanto il manufatto stabile) costa una cifra considerata non eccessiva – tra i 4 i 5 miliardi –, mentre si arriva ai circa 12 previsti dalla stessa Finanziaria proprio per tutte le altre infrastrutture viarie e ferroviarie che interesseranno i territori dell’Area dello Stretto.
Ora Schifani fa sapere che «le “fiches” la Sicilia le aveva già messe, adesso la cifra è maggiorata di 300 milioni di euro ma è ben spesa perché è per un’opera che noi abbiamo sempre voluto». E poi il presidente si lascia andare a un gran complimento nei confronti del vicepremier: «Ho sempre considerato e considero Matteo Salvini il miglior ministro dei Trasporti che la Sicilia potesse avere perché lavora moltissimo per il Mezzogiorno e per la nostra Isola».
Archiviata, dunque, la polemica interna al Centrodestra nazionale-regionale, ora si guarda ai passaggi che verranno consumati già nei prossimi giorni, quando la società Stretto, amministrata da Pietro Ciucci, comunicherà la conclusione dell’iter di aggiornamento di tutti gli elaborati e l’approvazione del progetto definitivo. Tutto questo dovrebbe avvenire all’alba del 2024, così da avviare la seconda fase, quella della progettazione esecutiva, che andrà conclusa tassativamente – a stabilirlo è la legge approvata dal Parlamento lo scorso mese di maggio – entro il 31 luglio del prossimo anno. Quella è la vera data crocevia, sulla quale il vicepremier Salvini va insistendo da mesi, considerandola lo spartiacque tra il prima e il dopo, l’inizio della terza fase, quella della cantierizzazione del Ponte e delle opere connesse.
Saranno mesi intensi e anche difficili, perché sicuramente, man mano che si avvicinerà quella scadenza di luglio, crescerà anche il livello dell’attenzione e delle tensioni, così come preannunziato da esponenti del Fronte del No, pronti a bloccare in ogni modo l’eventuale avvio dei cantieri di un’opera che l’ex sindaco Accorinti, nel recente incontro romano con la leader del Pd Elly Schlein, ha addirittura definito «una bomba atomica sganciata sullo Stretto». Mesi durante i quali la nostra città dovrà essere informata, davvero “passo dopo passo”, e coinvolta direttamente per quel che concerne tutto ciò che avverrà nei prossimi anni su queste rive, su questi territori.
Caricamento commenti
Commenta la notizia