Messina

Domenica 24 Novembre 2024

"Per questo ho scelto di fare il carabiniere". Parla Giuseppe Merlino, l'eroe messinese che ha salvato un rider dalle fiamme a Milano

Un gesto eroico, di un coraggio sovrumano. Al civico 16 di via Arquà, a Milano, si stava materializzando l'inferno. Fumo denso e fiamme vive avevano cominciato ad avvolgere diversi piani dell'edificio. Ma il messinese Giuseppe Merlino, 30 anni, maresciallo dei carabinieri di pattuglia nella zona, non ci ha pensato due volte, appena ha visto una folla riversarsi per strada e ha capito cosa stava succedendo, in quell'inferno, si è tuffato. Assieme a lui anche il collega Raffaele Bonavita, con cui ha prestato i primi soccorsi quando ancora non si vedeva l'ombra di ambulanze. Hanno bussato a porte e finestre per far uscire tutti, iniziando ad evacuare i piani alti. Hanno allertato i colleghi, chiamato vigili del fuoco e 118. Poi l'imprevisto. “Al secondo piano c'è dentro un ragazzo” ha detto un residente. “Ho visto la porta e ho iniziato a tirare calci, ho trovato il telaio di una bici e ho cominciato a colpire, dopo vari tentativi, è caduta giù, ma non si vedeva sulla. E allora l'unica strada era buttarmi per terra e provare a farmi strada tra il fumo e le fiamme, ho intravisto queste gambe e mi sono aggrappato tirando, mentre il mio collega tirava me dalle spalle. Tutto è durato qualche minuto, eravamo in mezzo alle fiamme, era un ragazzo, era ustionato e non respirava, abbiamo provato a rianimarlo e scuoterlo, pensavamo che fosse morto e invece poi si è ripreso, ha iniziato a rantolare e gli è uscita della schiuma dalla bocca, allora l'abbiamo preso e siamo scappati, qualche secondo dopo è caduto il solaio, è stata una questione di attimi, siamo scesi, abbiamo incontrato carabinieri e vigili del fuoco, ma le ambulanze erano bloccate alla fine della via Arquà, allora abbiamo iniziato a correre e siamo riusciti ad accasciarlo su una barella, poi abbiamo pensato che quell'inferno probabilmente non era ancora finito e siamo tornati indietro per continuare ad aiutare”. Il ragazzo, un rider 29enne, è ancora in condizioni critiche. I due militari se la sono cavata con un'intossicazione. Giuseppe, a distanza di qualche giorno dal salvataggio, è stato travolto dall'affetto dei familiari e degli amici che non hanno avuto dubbi: “Quando hanno iniziato a raccontare cosa stava succedendo e che un carabiniere aveva salvato delle persone, non abbiamo avuto dubbi, sapevamo che eri stato tu” gli hanno detto. Giuseppe Merlino voleva fare il carabiniere da ragazzino, per aiutare gli altri e difenderli dai criminali. “Maturando – racconta - ho capito che volevo combattere i prepotenti e così ho scelto questa professione che mi consente di proteggere gli altri. Ho studiato alla Mazzini e al liceo Maurolico che mi ha dato una formazione di base classica, aiutandomi molto negli studi successivi di giurisprudenza. Ho iniziato nell'Esercito e sono stato un alpino, un siciliano catapultato in Alto Adige, a circa 15 km dal Brennero, poi ho vinto il concorso per sottoufficiali, sono stato a Velletri e a Firenze. Torno a Messina - racconta - soprattutto per le vacanze, le Eolie, che poi sono il luogo d'origine della mia famiglia, sono il mio locus amoenus. Lipari, Stromboli, sono i miei luoghi nel cuore che tornano sempre nei momenti di stacco dalla vita militare. Non ho mai pensato di lavorare a Messina, perchè in fondo non ho mai legato la mia aspettativa professionale a un luogo, amo comunque la mia città, ma la scelta del luogo l'ho sempre collegata all'incarico. Perchè l'importante è solo fare sempre bene il proprio lavoro, noi marescialli non abbiamo una carriera piramidale, siamo la spina dorsale dell'Arma, e l'obiettivo professionale più importante è quello di trovare un incarico e un luogo in cui puoi esprimere al meglio le tue capacità e trasmetterle ai colleghi più giovani. Chi si arruola  - conclude - deve sapere che quando l'ora chiama bisogna essere pronti, quello che ho fatto non è un gesto isolato, tanti colleghi carabinieri e poliziotti sono coinvolti quotidianamente in situazioni come questa, spesso i cittadini ci percepiscono distanti, ma soprattutto in quartieri difficili fa piacere poter dimostrare coi fatti che ci siamo e che siamo disposti a tutto”.

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